IL TUTORING E IL PEER TUTORING
La strategia del Tutoring, come tutte le tecniche basate sulla collaborazione tra alunni, crea opportunità straordinarie per l’educazione di ogni alunno, compresi (anzi soprattutto) quelli classificati “a rischio” o in situazione di handicap.
Questo metodo permette un’educazione individualizzata e, contemporaneamente, persegue degli obiettivi sociali di integrazione.
Il termine Tutoring (alla lettera “Tutoraggio”) viene tradotto come “aiuto reciproco”, può essere considerato come una strategia pratica, uno strumento per massimizzare i risultati cognitivi e socio-affettivi degli alunni.
La pedagogia che sta alla base del Tutoring ha di certo il merito di aver tenuto in gran conto le capacità intellettive e creative dell’allievo, i suoi interessi e i suoi bisogni intesi finalmente come aspetti centrali ed insostituibili. Il merito di tale tecnica è certamente quello di riscattare il protagonismo dell’alunno dalla passività in cui la scuola precedente l’aveva, per secoli, costretto.
Infine, anche la psicologia convalida e supporta la strategia del Tutoring e, con alcuni suoi esponenti, ha dato un contributo per un utilizzo produttivo dell’aiuto reciproco.
Strutturazione del Tutoring. TUTORING E IL PEER TUTORING
Questa proposta di pratica pedagogica è nata dall’esigenza di rispondere alle svariate sfide circa le difficoltà di apprendimento e alla diversità per un’integrazione degli allievi in situazione di handicap o comunque con difficoltà relazionali e/o di apprendimento.
L’elemento centrale di questa strategia didattica è appunto, il considerare gli allievi come portatori di esperienze diverse che devono interagire ed integrarsi al percorso formativo, tenendo presente che l’assunzione di ruoli diversi sviluppa differenziate competenze.
Infatti il mutuo insegnamento si è rivelato assai proficuo per l’alunno che ricopre il ruolo dell’”allievo”, ma ha anche sorprendentemente rivelato effetti estremamente positivi sul bambino che funge da tutore.
Si stabilisce, infatti, un intenso scambio tra “Tutor” e “tutee” sia affettivo-relazionale che cognitivo.
Molteplici sono le possibilità di strutturazione di un progetto di aiuto reciproco.
1. Un alunno che fa da maestro ad un altro;
2. Un alunno che fa da maestro ad un gruppo;
3. Un alunno che svolge funzione di insegnamento in classe con l’intera scolaresca;
4. Un alunno che dirige un gruppo per l’attività;
5. Un alunno con un certo tipo di difficoltà che aiuta un compagno con deficit.
Elementi del Tutoring (secondo Baptista). TUTORING E IL PEER TUTORING
Il Tutore (Tutor): ha una posizione di responsabilità e deve cercare le strategie per insegnare. Pertanto anche lui dovrà imparare quel che insegna. Per rendere più proficua l’adozione di questa strategia per entrambi i soggetti occorre che, ad insegnare a quelli in situazione di difficoltà, siano proprio gli alunni non molto bravi ad insegnare.
L’Allievo (Tutee): può essere seguito in maniera più individualizzata, partecipando alla definizione delle regole che sostengono il lavoro.
Contratto: è necessaria una fase di preparazione per individuare gli obiettivi, preparare l’allievo che funge da tutore e stabilire con gli alunni, anche in forma di contratto scritto, gli accordi presi collettivamente.
Adulto (l’insegnante): deve predisporre il materiale, coordinare il lavoro, osservare, avere un atteggiamento non direttivo cercando di favorire l’iniziativa dei bambini. Durante gli incontri l’adulto è si presente, ma apparentemente coinvolto in una sua attività.
Ambiente: possibilmente fuori dalla classe, in uno spazio non disturbato e che trasmetta l’idea che il lavoro è serio ed importante. Si devono evitare cambiamenti di posto.
Tempi: gli incontri solitamente sono settimanali o bisettimanali con una durata dai 30 ai 45 minuti. È preferibile mantenere sempre lo stesso orario.
Strumenti: TUTORING E IL PEER TUTORING
- un diario compilato dal tutore alla fine di ogni incontro;
- un diario compilato dall’insegnante che coordina il lavoro;
- materiali adeguati agli obiettivi che siano diversi da quelli usati in classe o comunque diversi da quelli già conosciuti dai partecipanti.
Valutazione: la valutazione è concepita come una serie di momenti nei quali vi è la richiesta di riflettere sullo svolgimento e la partecipazione di ogni soggetto.
Sono consigliabili: i colloqui di verifica tra adulto e tutore dopo lo svolgimento delle sedute e dopo la stesura del diario da parte del tutore; le riunioni tra alunni che avevano ruoli di tutore in coppie diverse; le riunioni di verifica in cui partecipano il tutore, l’allievo e l’adulto, nelle quali si considerano gli obiettivi e gli atteggiamenti e si rivalutano le regole.
In queste riunioni,
è importante prendere in considerazione il diario steso dal tutore e le osservazioni di tutti i coinvolti.
Ruolo dell’insegnante (Coordinatore). TUTORING E IL PEER TUTORING
L’insegnante ricopre un ruolo fondamentale.
– Innanzitutto deve curare la scelta degli obiettivi i quali devono essere adeguati alle realistiche potenzialità dell’alunno, non tanto in termini di conoscenze già possedute, quanto d’interesse verso l’attività, di capacità di inserirsi in un percorso di scoperta e di affrontare la sfida caratterizzata dalla gestione dell’esperienza.
– Deve poi definire l’abbinamento tra allievi per garantire che ci sia un confronto che permetta nuove situazioni di equilibrio; bisognerebbe evitare l’eccessiva distanza tra i partecipanti, cioè non sceglierne uno troppo bravo ed uno troppo in difficoltà; evitare di abbinare due bambini che presentino modalità d’interazione conflittuale, che abbiano la tendenza al confronto competitivo o che siano troppo timidi.
– Pur vigilando sulle modalità d’interazione Tutor – allievo, l’insegnante non deve interferire nel ruolo del tutore che, come già detto, deve essere il solo ad occuparsi dell’allievo. Lavorando con allievi in difficoltà, spesso si verifica che l’attenzione del tutore sia eccessivamente rivolta a se stesso e che l’allievo venga trascurato.
L’insegnante deve quindi richiamare il tutore alle sue responsabilità, spingendolo così ad un cambiamento attraverso il riconoscimento delle proprie capacità e di una aspettativa condivisa che le tiene in conto.
– L’insegnante deve saper intervenire nei momenti di crisi, fare un passo indietro nei momenti in cui la coppia funziona, deve saper dare dei feedback appropriati e gratificazioni pertinenti.
Vantaggi del Tutoring. – Vantaggi per il “bambino – Tutore” (Tutor).
I vantaggi si evidenziano sia sul piano cognitivo che affettivo:
1. POTENZIA IL SUO APPRENDIMENTO.
L’alunno – Tutor, scoprendo meccanismi del processo insegnamento-apprendimento, acquista maggiori conoscenze, una migliore organizzazione ed un migliore uso degli strumenti.
Egli rivede e consolida conoscenze già acquisite, colma lacune, individua altri significati e riformula le proprie conoscenze in nuovi contesti concettuali, ma soprattutto è probabile che, dovendo utilizzare le conoscenze per uno scopo specifico, le assimili meglio.
2. MIGLIORA L’AUTOSTIMA. TUTORING E IL PEER TUTORING
Per l’alunno – Tutor, l’essere prescelti per svolgere un lavoro importante al servizio dei coetanei, è determinante per il consolidamento della fiducia in se stessi; egli acquisisce un maggior senso di sicurezza e di responsabilità, un atteggiamento più positivo nei confronti dell’apprendimento e della struttura scolastica e, infine, sviluppa un senso comunitario.
3. AUMENTA LA MOTIVAZIONE VERSO LA SCUOLA.
Il tutor tende a essere più interessato verso le attività scolastiche, ad essere più attivo e propositivo rispetto al contesto scolastico.
4. FAVORISCE IL RISPETTO DELLE REGOLE.
Coloro che ricoprono il ruolo di tutor tendono generalmente a interiorizzare le regole scolastiche con più facilità.
Vantaggi per il “bambino – Alunno” (Tutee). TUTORING E IL PEER TUTORING
1. POTENZIA IL SUO APPRENDIMENTO
In un rapporto personale, l’apprendimento può essere maggiormente individualizzato: è possibile selezionare i compiti più adeguati ed il ritmo della presentazione può essere costantemente calibrato in modo da ottimizzare l’apprendimento.
Inoltre, mentre l’insegnante, assillato dal tempo, è spesso costretto a limitarsi a spiegazioni verbali, il peer tutoring offre l’occasione di dimostrare il comportamento richiesto.
Il “bambino alunno” riceve un feedback regolare e partecipe sulla correttezza dei propri sforzi ed è soggetto ad un attento monitoraggio che porta a massimizzare il tempo dedicato all’attività.
2. MIGLIORA LE CAPACITÀ RELAZIONALI
La vicinanza di età fra tutor e tutee crea un’identificazione che gioca a favore della relazione anche al di fuori della diade stessa.
“Tutoring a ruoli invertiti” nell’insegnamento ai disabili.
Questa variante del Tutoring tradizionale prevede che il Tutor non sia necessariamente un alunno “bravo” ma sia invece un alunno con difficoltà che insegna, uno o più argomenti da lui acquisiti, ad un Tutee che presenti difficoltà in quegli specifici argomenti.
Questa variante è molto utilizzata per accrescere l’autostima e per rafforzare le conoscenze del Tutor e si presta molto nell’insegnamento ad alunni disabili.
A questo proposito può essere citato come esempio il progetto “Handicapped children as tutors” (1984), alla base del quale vi erano 4 forme di Tutoring:
1. Bambini con handicap uditivo insegnavano ai loro compagni normodotati il linguaggio dei segni;
2. Bambini con handicap mentale (medio o lieve) aiutavano bambini più piccoli normodotati a leggere;
3. Bambini in determinate situazioni di handicap aiutavano a leggere bambini più piccoli in situazioni di handicap simili;
4. Bambini in situazione di handicap aiutavano a leggere compagni coetanei con la stessa tipologia di handicap. I Risultati di questa ricerca furono i seguenti:
– Dopo una preparazione adeguata e con il controllo dell’insegnante l’alunno disabile può operare efficacemente come tutor;
– L’alunno disabile è in grado di trasmettere contenuti didattici, di controllare l’attività del compagno assistito e di dare un riscontro tramite feedback;
– La conoscenza della materia trattata aumenta sia per il Tutor che per il Tutee;
– Alunni disabili e socialmente isolati sperimentano, assistendo compagni normodotati, una maggiore accettazione ed integrazione;
Genitori, insegnanti e alunni assistiti riconoscono nel “Tutoring con ruoli invertiti” un’efficace strategia operativa valida nel processo educativo degli alunni in situazione di handicap.
Come selezionare e formare i tutor. TUTORING E IL PEER TUTORING
Aiutare un compagno di classe può costituire un momento importante, ma al tempo stesso difficile.
L’idea che l’allievo più bravo della classe, o l’allievo più tranquillo, siano i più idonei per aiutare il bambino “meno bravo” spesso non trova né ragione né risultati nella pratica scolastica.
Per svolgere questo ruolo sono necessarie delle competenze senza le quali possono sorgere alcune difficoltà relazionali e/o di inefficienza nei risultati.
Il tutor deve possedere alcuni atteggiamenti fondamentali per poter aiutare un compagno.
Per poter valutare la presenza di questi atteggiamenti, può essere utile compilare una scheda di rilevazione di questo tipo:
SCHEDA DI RILEVAZIONE PER ALLIEVI DA 8 A 14 ANNI
Nella determinazione del punteggio vengono usati i seguenti parametri:
1. atteggiamento quasi assente
2. atteggiamento poco presente
3. atteggiamento abbastanza presente
4. atteggiamento presente
5. atteggiamento molto presente
Fonte: Gagliardini, I. (2010). L’aiuto reciproco in classe: esperienze di Peer tutoring. Psicologia e scuola, gennaio-febbraio, 11–18.
Spero che questo articolo ti sia stato utile.
RISORSE PER TE: COSA POSSIAMO FARE IN CLASSE CON BAMBINI CON D.S.A.?
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