IL PROGRAMMA TEACCH E STRATEGIE DI INTERVENTO.
Abbiamo visto come lo scopo del programma educativo TEACCH sia di favorire lo sviluppo dell’individuo, la sua integrazione sociale e l’autonomia, tenendo conto dei deficit specifici che il disturbo autistico comporta.
Uno degli obiettivi essenziali è che nell’età adulta la persona autistica possa vivere con gli altri membri della società in un contesto meno segregante possibile, e di permettergli di gestire al meglio la propria vita quotidiana.
Prima di addentrarsi nello specifico delle strategie di intervento, è opportuno ricordare che l’approccio di tipo TEACCH, pur utilizzando tecniche comportamentali come il rinforzo, non è di tipo strettamente comportamentale: infatti, piuttosto che forzare il bambino a modificare il comportamento attraverso la ripetitività e il rinforzo positivo (o negativo), si preferisce modificare l’ambiente in modo che l’apprendimento sia reso più agevole.
Adattare l’ambiente alla persona, e presentargli progressivamente le difficoltà, significa rispettare la persona nella sua diversità: non dimentichiamo che le testimonianze di molte persone autistiche dotate della capacità di raccontare le proprie esperienze parlano di un mondo senza senso, di un “caos senza capo né coda”.
IL PROGRAMMA TEACCH E STRATEGIE DI INTERVENTO
• La strutturazione
In passato si pensava che i bambini autistici soffrissero per rifiuto di sentimenti e desideri, e si dava loro di conseguenza la possibilità di libera espressione in un quadro non strutturato sperando che potessero trovare una via per liberare le proprie potenzialità inibite.
Nulla di più sbagliato: l’esperienza di molti anni ci ha insegnato che in questo modo si produce l’effetto contrario, aumentando l’angoscia e i problemi comportamentali.
Si sa ora che la persona autistica, a causa del deficit di comunicazione e della “cecità sociale” (come la definisce Barhon-Cohen ) alla base del disturbo autistico, ha bisogno di una strutturazione dell’ambiente per orientarsi e per rassicurarsi, e che l’ansia diminuisce quando sa esattamente che cosa ci si aspetta da lui in un certo momento e in un certo luogo, che cosa succederà in seguito, come, dove e con chi.
Del resto, come ci spiega Theo Peeters, chiunque di noi si recasse in un paese straniero, di cui non conosce la lingua, per tenere una conferenza, vorrebbe avere informazioni su dove la conferenza sarà organizzata, quando dovrà parlare e per quanto tempo, come dovrà esprimersi, e si aspetterà che il paese ospite abbia la cortesia di dargli queste notizie in modo comprensibile.
Un quadro temporale-spaziale molto strutturato, nel quale i punti di riferimento siano visibili e concreti, in altre parole comprensibile e prevedibile, costituisce il primo passo per poter impostare un lavoro educativo con il bambino autistico.
La strutturazione tuttavia non deve significare rigidità , ma deve essere flessibile, costruita in funzione dei bisogni e del livello di sviluppo del singolo bambino e soggetta a modifiche in ogni momento; né deve essere fine a se stessa, ma rappresentare un mezzo per aiutare una persona in difficoltà a causa della propria impossibilità a comunicare.
La strutturazione infatti non ha lo scopo si creare un rituale, anzi, è una forma di comunicazione verso il bambino che dovrebbe proprio ottenere di liberarlo da quei rituali che gli danno sicurezza e prevedibilità.
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• Strutturazione dello spazio.
Strutturare lo spazio significa rispondere alla domanda “Dove?”.
L’ambiente di lavoro organizzato in spazi chiaramente e visivamente delimitati , ognuno con delle funzioni specifiche chiaramente visualizzate, consente al bambino di sapere con precisione ciò che ci si aspetta da lui in ogni luogo e in ogni momento.
Così, in una classe, ci sarà uno spazio di lavoro individuale, uno spazio di riposo, uno spazio di attività di gruppo e uno spazio dedicato al tempo libero, ognuno chiaramente delimitato e contrassegnato da opportuni simboli di identificazione.
L’angolo di lavoro per esempio è di solito organizzato con un banco affiancato da due scaffali disposti perpendicolarmente, su cui disporre il materiale di lavoro da eseguire (nello scaffale di sinistra) o riporre i compiti già eseguiti (a destra).
E’ importante che ogni spazio sia dedicato ad una singola attività: in questo modo sarà molto facile per il bambino orientarsi da solo e raggiungere presto una autonomia di movimento che sarà per lui molto gratificante.
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• Strutturazione del tempo
Strutturare il tempo significa rispondere alla domanda “Quando? Per quanto tempo?”
Il passare del tempo è una nozione difficile da apprendere, perché si appoggia su dati non visibili.
Per questo è importante strutturare la giornata attraverso una organizzazione del tempo , che informi ad ogni momento il bambino su ciò che sta accadendo, ciò che è accaduto e che accadrà, aumentando in questo modo la prevedibilità e il controllo della situazione, e diminuendo l’incertezza fonte di ansia.
In pratica ogni bambino disporrà di una sua “agenda” giornaliera, costituita da una sequenza di oggetti, di immagini o di parole scritte, a seconda delle sue abilità, ordinati dall’alto verso il basso .
Al termine di ogni attività ogni relativo simbolo verrà spostato dal bambino in un altro apposito spazio che registra il tempo trascorso: in questo modo gli sarà possibile sapere in ogni momento quanto tempo è passato e quanto ne manca prima di tornare a casa.
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• Strutturazione del materiale di lavoro
Strutturare il materiale di lavoro significa rispondere in modo chiaro e concreto alla domanda “Che cosa?”
Oltre all’agenda giornaliera delle attività, il bambino disporrà di uno schema di lavoro posizionato presso il tavolo di lavoro, costituito ad esempio da lettere dell’alfabeto o numeri, ognuna delle quali è riportata su una scatola di lavoro.
Il lavoro da svolgere sarà presentato in modo chiaro: ogni compito è contenuto in una scatola sullo scaffale di sinistra, ogni scatola contrassegnata da un simbolo (lettera o numero), a seconda del livello di sviluppo e delle capacità del bambino).
Oppure, se per il bambino è ancora troppo difficile gestire uno schema di lavoro costituito da simboli, il numero delle scatole sullo scaffale di sinistra indicherà quanti sono i compiti da svolgere.
Ogni scatola di lavoro contiene le diverse componenti, che saranno a loro volta contrassegnate da un simbolo: ad esempio un colore, o una forma, presenti anche sul piano del banco, in modo che il bambino le possa disporre nell’ordine esatto ed eseguire il lavoro da solo.
E’ importante che, una volta disposto secondo le indicazioni visive, il compito sia “autoesplicativo”, cioè comprensibile senza bisogno di spiegazioni: incastri , puzzle o lavori di montaggio sono esempi semplici di questo genere, ma con un po’ di fantasia qualunque compito può essere presentato in modo che si spieghi da se.
Se per il bambino è ancora troppo difficile organizzarsi il lavoro attraverso l’accoppiamento di simboli, ogni scatola sarà suddivisa in scomparti contenenti le parti del lavoro da fare in modo che il compito sia comprensibile senza troppe spiegazioni verbali, che lo metterebbero in difficoltà.
Quando il compito è terminato verrà riposto nella relativa scatola sullo scaffale di destra, in modo che in ogni momento sia chiaro quanto lavoro è stato eseguito e quanto ne resta da eseguire.
Il lavoro viene eseguito da sinistra verso destra perché questa è l’organizzazione tipica della cultura occidentale.
Naturalmente all’inizio in bambino dovrà essere aiutato dall’educatore, ma in questo modo si raggiunge ben presto l’autonomia; inoltre la possibilità di avere sempre informazioni chiare attraverso oggetti-simbolo, immagini o parole scritte aggira la difficoltà di comprensione del linguaggio parlato tipica della sindrome autistica, consentendo al bambino di concentrarsi unicamente sul compito da svolgere.
L’importante non è mirare presto al grado di comunicazione più difficile, ma raggiungere la capacità di utilizzare autonomamente il proprio codice di lavoro.
Quello che è importante sottolineare è che la struttura di tempo e spazio non è fine a se stessa, né un obiettivo da raggiungere, bensì uno strumento evolutivo, un mezzo per aiutare la persona autistica a raggiungere una migliore padronanza del proprio ambiente e della propria vita; come tale deve essere considerata come una impalcatura che sorregge un edificio in costruzione, e che viene tolta gradualmente man mano che la costruzione acquista stabilità; allo stesso modo la rigidità della strutturazione spazio-temporale va diminuita man mano che ci si rende conto che la persona può farne a meno.
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• Il rinforzo
Il rinforzo risponde in modo chiaro e concreto alla domanda “Perchè?”
Infatti può essere difficile per il bambino all’inizio di un programma educativo comprendere per quale motivo deva eseguire dei compiti.
Anche il bambino “normale” incontra questa difficoltà, ma può essere motivato dalla volontà di accontentare la mamma o l’insegnante, di fare ” bella figura”.
Queste motivazioni possono inizialmente essere troppo astratte per il bambino autistico; sarà allora necessario dargli delle motivazioni concrete, strettamente collegate nel tempo all’esecuzione del compito.
Una ricompensa alimentare è il rinforzo più semplice; spesso tuttavia si può ben presto sostituire con il rinforzo sociale, costituito da lodi e complimenti.
E’ importante comunque individuare un rinforzo adatto alle preferenze del singolo bambino: sarà ovviamente controproducente abbracciare o accarezzare un bambino che presenti, come può succedere, difficoltà ad accettare la vicinanza fisica; o offrire un rinforzo alimentare a bambini che rifiutano il cibo.
Anche il permesso di dedicarsi ad una attività preferita, non importa se stereotipata, può costituire un rinforzo adeguato.
Spesso comunque la soddisfazione di riuscire da solo nel compito proposto è già di per se un ottimo rinforzo.
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• L’aiuto
L’aiuto risponde in modo chiaro e concreto alla domanda “come?”.
Se infatti non possiamo utilizzare efficacemente le istruzioni verbali per spiegare il compito, un aiuto fisico o visuale costituirà il modo più semplice per illustrare al bambino autistico come dovrà eseguire il suo compito.
Il grado maggiore di aiuto è costituito dall’aiuto fisico : l’educatore cioè accompagna con la sua la mano del bambino nell’esecuzione del compito.
In questo caso è importante che il gesto sia dosato in modo da comunicare un incoraggiamento e che abbia una valenza esplicativa che il bambino è perfettamente in grado di capire; non deve costituire una costrizione.
Un altro tipo di aiuto può essere di tipo visuale : è un aiuto di questo tipo indicare con il dito, o anche, ad esempio, spostare un oggetto dal posto sbagliato al posto giusto, o ancora una dimostrazione pratica di come eseguire il compito, purché naturalmente da parte del bambino ci sia la necessaria attenzione.
Anche l’aiuto verbale naturalmente può essere utilizzato; in questo caso è utile usare parole semplici, essenziali e sempre uguali per una stessa spiegazione, evitando i sinonimi o un linguaggio troppo figurato.
Anche nel caso dell’aiuto è importante valutare la forma più efficace per ogni singolo caso
La rappresentazione del compito attraverso una serie di immagini che ne illustrano le varie tappe, disposte da destra a sinistra, costituisce il tipo di aiuto più conciliabile con l’autonomia di lavoro.
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• La generalizzazione del compito
Bisogna infine ricordare che il bambino autistico tende ad associare l’apprendimento con una data situazione o ad un ambiente, mentre ha difficoltà a generalizzare il suo comportamento.
Sarà quindi necessario sviluppare dei programmi di generalizzazione attiva delle acquisizioni : l’apprendimento in ambiente scolastico è solo l’inizio del programma educativo, perché è altrettanto importante estendere le competenze acquisite all’ambiente familiare o in altre situazioni.
Naturalmente anche per questo è importante servirsi della collaborazione dei genitori : nel caso dell’autismo i rapporti di collaborazione fra genitori e insegnanti non sono una questione di buona educazione, ma un requisito indispensabile del processo educativo.
La difficoltà di generalizzazione comporta anche la necessità di provvedere in anticipo a dotare il bambino delle competenze che gli serviranno da adulto per un inserimento lavorativo.
La continuità educativa e la coordinazione dei servizi per l’età infantile e per l’età adulta, sebbene appaiano estremamente difficili da realizzare concretamente, rappresentano dei requisiti fondamentali per un inserimento sociale e lavorativo efficace.
di Donata Vivanti
Presidente AUTISMO ITALIA & AUTISM EUROPE
IL PROGRAMMA TEACCH E STRATEGIE DI INTERVENTO
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