problem-solving a scuola
L’essere competenti in fatto di problem-solving, permette ai soggetti di fronteggiare con maggiore efficacia lo stress e le frustrazioni e ha un impatto positivo anche sul rendimento scolastico, e secondo numerose ricerche, una correlazione con una minor probabilità di sviluppare comportamenti ansiogeni e devianti.
Inoltre l’uso sistematico di strategie di problem-solving, può costituire di per sé una fonte di orgoglio e di autostima.
Zurilla e Golfrield hanno sviluppato un modello graduale per insegnare il problem-solving. Il processo è scomposto in sette fasi.
Le 7 Fasi del problem-solving:
1. Riconoscere che il problema esiste. Ciò significa essere consapevoli delle proprie emozioni dato che, spesso costituiscono il primo indizio che un problema esiste e deve essere risolto. Occorre fermarsi a pensare prima di agire in modo avventato.
2. Individuare in cosa consiste il problema e cercare le cause.
3. Stabilire degli obiettivi rispetto ai risultati attesi.
4. Formulare soluzioni potenziali in base alle risorse.
5. Valutare per ciascuna soluzione, quali possono essere le conseguenze logiche.
6. Scegliere la soluzione migliore.
7. Strutturare ed attuare un piano.
Il problem-solving comprende quindi una componente emotiva, in quanto l’emozione rivela la presenza di un problema, una cognitiva indispensabile per identificare il problema, e una comportamentale, volta a portare a termine il programma. Dal punto di vista didattico, utilizzare il problem-solvig, significa orientare l’apprendimento verso la soluzione di un problema.
Significa abbandonare la solita lezione cattedratica, per proporre invece un problema che crea immediatamente una dissonanza cognitiva (tra ciò che si sa e ciò che ancora non si conosce). Per colmare l’interrogativo lo studente è spinto ad elaborare ipotesi e a verificarle in modo accurato.
La didattica del problem-solving è stimolante, ma anche esigente; suscita interesse e coinvolgimento, ma richiede una grande concentrazione e rielaborazione.
Gli studenti apprendono con entusiasmo le informazioni presentate sotto forma di problemi, perché percepiscono la potenza della propria mente nello scovare gli errori, nel generare ipotesi e nel trovare soluzioni a situazioni complesse. Soprattutto con gli studenti con problemi motivazionali queste strategie si rivelano vincenti. problem-solving a scuola
Quando il coinvolgimento, l’interesse, la disponibilità ad apprendere sono solidi e stabili, è possibile allontanarsi dagli esempi pratici e dedicarsi a situazioni più astratte e simboliche.
La concretezza è il trampolino di lancio. Le situazioni problematiche, chiaramente non funzionano se sono presentate come quiz, come passatempo o divertimento. Gli studenti devono sapere cosa stanno facendo e quali concetti o abilità impareranno ad usare.
problem-solving a scuola
Esempi per familiarizzare con la strategia del problem-solving potrebbero essere:
– Leggere un testo come il Barone rampante di Italo Calvino, sospendendo a tratti la narrazione in concomitanza dei problemi che il protagonista deve affrontare. A questo punto ci si chiede “come farà?“.
In questo modo si pone agli allievi un problema da risolvere e poi si potranno confrontare le risposte date da ognuno (o dai piccoli gruppi) con quelle contenute nella narrazione.
In questo modo un libro diventa uno strumento per pensare, un’occasione per confrontare ipotesi e generare soluzioni alternative. problem-solving a scuola
Altre formulazioni potrebbero essere:
– Perché i colori del semaforo sono rosso, giallo, verde?
– Come si fa a misurare l’altezza delle Piramidi d’Egitto?
– Come fa un aquilone a restare in aria?
– Perché nello specchio la mano destra appare a sinistra?
– Perché l’immagine viene deformata quando si ha uno specchio concavo o convesso?
– Qual è il principio dei sommergibili?
– In che modo possono immergersi sotto la superficie dell’acqua?
– Come fanno a riemergere?
problem-solving a scuola
Queste domande inserite in un percorso che valorizza la ricerca, risvegliano il desiderio di conoscenza, attivano l’interesse e stimolano la partecipazione.
Possono essere poste come pause divertenti oppure li si può utilizzare come unità didattiche da svolgere accuratamente per spremere da esse tutto il succo formativo e teorico che possiedono.
Ovviamente, i problemi dovranno essere modificati e pensati a seconda delle diverse età, perché siano adeguati alle risorse cognitive dei singoli.
RISORSE CONSIGLIATE PER TE: LE PRINCIPALI STRATEGIE DIDATTICHE INCLUSIVE.
Se hai voglia di confrontarti con me contattami pure sulla mia pagina Facebook: DIDATTICA PERSUASIVA.
Buon lavoro.
Mi piacerebbe ricevere i vostri articoli, grazie
Ciao Matilde a Gennaio nuovi articoli! 🙂