5 METODI ATTIVI D’APPRENDIMENTO CHE FORSE NON CONOSCI.
Secondo la definizione proposta da Vaccani, i metodi attivi d’apprendimento si basano sulla massima mobilitazione delle risorse individuali al fine di coinvolgere nell’atto di apprendere, la globalità psicofisica dei soggetti (risorse psichiche e corporee), limitando al minimo funzionale i momenti di ricezione passiva dei contenuti (copresenza interagente del sapere, saper essere e saper fare).
METODI ATTIVI D’APPRENDIMENTO
Dewey, il massimo teorico dei metodi attivi, ha indicato 4 direttrici:
- ottimismo
- l’ugualitarismo
- la concezione dell’autonomia del soggetto
- rapporto tra allievo e maestro
METODI ATTIVI D’APPRENDIMENTO
Il presupposto concettuale che sta alla base dei metodi attivi è il “learning by doing”, cioè l’ imparare facendo. Nei metodi attivi cambia anche in maniera considerevole il ruolo sia dei discenti, sia dei formatori.
Viene attribuito un ruolo centrale agli allievi, e il formatore ha invece il ruolo di facilitatore del processo di apprendimento e in questo, l’atteggiamento richiestogli è quello “non-direttivo” formulato dallo psicologo e pedagogista americano Carl Rogers.
I metodi attivi, non consistono nella trasmissione di un sapere, ma si propongono generalmente 2 ordini di obiettivi:
1. favorire l’ appropriazione del sapere
2. favorire una crescita autonoma e responsabile dell’allievo nelle sue componenti soggettive
1. CONTRATTO FORMATIVO: esso prevede che allievi e formatori decidano insieme obiettivi e metodologia di lavoro.
Dalle riflessioni ed esplicitazioni dei formatori e dei discenti, potrà nascere quello che è comunemente definito il “contratto formativo”. Si stabiliscono e si condividono gli obiettivi formativi del gruppo di apprendimento e lo schema metodologico più adatto per il raggiungimento degli stessi.
Questo pone gli allievi di fronte alla necessità di riflettere su se stessi, sulle proprie motivazioni e aspettative e a confrontarsi con gli altri per ricercare delle soluzioni sulla base degli elementi caratterizzanti la situazione pedagogica.
METODI ATTIVI D’APPRENDIMENTO
2. ROLE PLAYING
Il Role playing è un’attività esperienziale che trae la sua origine dall’approccio teorico e metodologico dello Psicodramma Classico di Moreno.
E’ uno strumento per stimolare l’apprendimento rispetto ai ruoli e contro-ruoli che si assumono nella quotidianità. Nella sua teoria Moreno sostiene che ogni ruolo sia composto da elementi collettivi ed elementi individuali.
Secondo Moreno i ruoli si sviluppano lungo un continuum di libertà:
– Role taking: assunzione di un ruolo pre-determinato che non lascia spazio alla libertà individuale
– Role playing: modo soggettivo che ha una persona di “giocare un ruolo” che ha una valenza comune
– Role creating: possibilità di ciascuno di inventare un ruolo da giocare con l’altro, avendo il massimo grado di libertà individuale
Anche il normale processo di crescita secondo Moreno sarebbe caratterizzato da questo continuum, infatti ogni bambino per poter crescere deve differenziarsi dai ruoli che gli vengono attribuiti dai genitori e “giocarli” nel modo più spontaneo possibile, verso una sempre maggiore differenziazione e individuazione , fino a diventare adulto.
Nel Role playing vengono utilizzate diverse tecniche, quali ad esempio quella dello specchio, del doppio, del monologo, l’ inversione dei ruoli.
Gli elementi del Role playing possono essere così riassunti:
– predisposizione della scena
– i partecipanti al centro dell’azione devono recitare spontaneamente secondo l’ispirazione del momento
– l’uditorio non funge da semplice osservatore passivo, ma cercherà di esaminare e capire attivamente quanto avviene nella scena
– il docente può avvalersi di vari collaboratori incaricati di favorire la messa in scena
Questa tecnica possiede una grande forza catalizzatrice e può coinvolgere molto emotivamente sia i partecipanti che gli osservatori. A volte si tratta di esperienze difficili da vivere.
Molto spesso viene usato nei contesti formativi e pedagogici.
– Nei contesti formativi, si usa portare in scena situazioni legate al ruolo per cui ci si sta formando.
– Nei contesti pedagogici, serve per mettere in luce le diverse dinamiche delle diadi genitore bambino, educatore-bambino, educatore-genitore.
METODI ATTIVI D’APPRENDIMENTO
3. STUDIO DEI CASI
Lo studio dei casi consiste nell’analisi di casi didattici al fine di sviluppare capacità di diagnosi, capacità decisionali, capacità analitiche e di approccio al problema.
L’obiettivo che si propone questa tecnica, non è infatti quello di risolvere un problema complesso ma di imparare ad individuarlo, posizionarlo e affrontarlo sistematicamente. Il focus del metodo dei casi è quindi sul processo.
Un caso può essere definito come la narrazione/descrizione di una situazione reale o verosimile sulla quale chi apprende è invitato a intervenire e viene presentato in maniera molto dettagliata. Condizione indispensabile affinché possa essere usata questa tecnica, è che i discenti abbiano già delle competenze per poter discutere il caso che verrà proposto e proprio per questo, non si usa all’inizio di un corso.
METODI ATTIVI D’APPRENDIMENTO
Gli obiettivi che questa tecnica persegue sono sostanzialmente due:
1. Il primo, focalizzato sui contenuti specifici del caso, è finalizzato all’apprendimento di competenze su come diagnosticare e intervenire in situazioni analoghe a quelle presentate nel caso esposto e discusso
2. Il secondo, focalizzato sulle modalità di approccio al caso è quello di favorire lo sviluppo di capacità di analisi e di decisione mediante lo studio di situazioni e problemi complessi.
La sequenza standard della tecnica prevede 3 fasi:
1. Fase individuale: i discenti compiono individualmente le loro valutazioni
2. Fase di sottogruppo: emergono le prime differenze di valutazione di analisi
3. Fase plenaria: il docente amalgama e coordina le soluzioni
Tale metodo può essere utilizzato in contesti:
– educativi/formativi (organizzativi/aziendali)
– clinici
METODI ATTIVI D’APPRENDIMENTO
4. BRAINSTORMING (o “tempesta di idee”)
E’ una tecnica attiva di produzione cooperativa ideata da Alex Osborn nel 1938. E’ una tecnica che viene utilizzata per incoraggiare il pensiero creativo e la produzione di molteplici idee su una questione specifica o un particolare problema.
Si fonda sul seguente principio: le associazioni di idee che emergono da un gruppo intorno ad un argomento, sono più numerose ed efficaci di quelle prodotte a livello individuale.
E’ una specie di reazione a catena che si mette in moto a partire da un’idea originaria, laddove vengano rispettate 4 regole individuate dallo stesso Osborn (senza il loro rispetto, sarebbe invece un processo sterile).
Le 4 regole sono:
1. la critica è esclusa: il giudizio negativo di critica e selezione delle idee è rimandato ad un secondo momento (ogni partecipante deve poter proporre anche le idee più astruse o strampalate senza che il gruppo o il leader gli muova alcuna critica, rimprovero o esprima alcuna valutazione)
2. la “corsa in folle” è ben accetta: più audace è l’idea e meglio è; è più facile frenare che incoraggiare.
3. si cerca la quantità: quanto maggiore sarà il numero di idee generate, tanto più probabile sarà la possibilità di trovarvi poi idee utili.
4. si cercano combinazioni e miglioramenti: oltre a contribuire con idee proprie, i partecipanti dovrebbero suggerire come le idee altrui possano essere trasformate in idee migliori, o come due o più idee possano essere fuse insieme.
METODI ATTIVI D’APPRENDIMENTO
Stabilito il clima di fiducia e solidarietà, il processo di brainstorming si articola in 3 fasi:
1. messa a fuoco del tema centrale del lavoro: viene posto il problema da studiare in comune
2. semaforo verde: momento in cui vengono messe in pratica le 4 regole di Osborn e vengono generate numerose idee. Esse saranno scritte in un cartellone visibile a tutti e numerate. Deve essere fissato un tempo entro il quale lavorare creativamente al problema.
3. semaforo rosso : fase di lavoro di filtro e selezione. La scelta presa sarà frutto del lavoro di sintesi, di dibattito e di elaborazione; nulla di nuovo deve essere prodotto in questa fase.
Per riassumere, potremmo dire che il processo di brainstorming, può essere sintetizzato in 4 punti chiave:
– idee libere
– quantità prima della qualità
– nessun diritto d’autore
– la critica è proibita
METODI ATTIVI D’APPRENDIMENTO
Il cooperative learning, è una tecnica attiva per lo sviluppo integrato di competenze cognitive, operative e relazionali.
Dai fratelli Johnson, il cooperative learning viene definito come l’uso didattico di piccoli gruppi così che gli studenti lavorino insieme per massimizzare i propri apprendimenti e quelli degli altri (lavorare insieme per realizzare obiettivi condivisi dove ogni membro cerca di ottenere risultati per sé e per gli altri).
La ricerca educativa evidenzia che gli studenti apprendono in modo più profondo e lavorano meglio se hanno l’opportunità di impegnarsi in attività che li obbligano ad utilizzare la conoscenza studiata per risolvere problemi connessi a situazioni del mondo reale, in un contesto di tipo cooperativo.
Il termine cooperative learning (apprendimento cooperativo) indica due dimensioni:
– dimensione pedagogica: prospettiva cooperativa (e non competitiva), solidale, riconoscimento e valorizzazione delle differenze individuali
– dimensione didattica: metodo articolato di tecniche costruite attorno al lavoro in gruppi organizzati
METODI ATTIVI D’APPRENDIMENTO
Gli elementi chiave del cooperative learning sono:
– interdipendenza positiva: necessità di essere collegati gli uni agli altri in modo tale che il singolo non possa vere successo senza il gruppo, e viceversa il gruppo non possa avere successo senza il singolo
– responsabilità individuale e di gruppo: costruzione del senso di responsabilità individuale e di gruppo; lavorare insieme per realizzare obiettivi condivisi dove ogni membro è responsabile di massimizzare il proprio apprendimento e quello degli altri
– interazione promozionale faccia a faccia: comportamenti di incoraggiamento e supporto reciproco
– richiesta esplicita di consolidare e utilizzare competenze sociali: oltre ad apprendere argomenti (taskwork ), sarà importante sviluppare competenze interpersonali (teamwork) e di gestione del piccolo gruppo
– revisione metacognitiva del lavoro svolto: si tratta di un momento del gruppo, finale o in itinere, di analisi dei processi e dei risultati. L’aspetto rilevante è quello di descrivere quali azioni sono state di aiuto e quali di ostacolo, quali atteggiamenti sono stati efficaci e quali meno. Ogni partecipante del gruppo riceverà un feedback dagli altri sul suo operato e sul suo atteggiamento
– la realizzazione continua di prodotti che dimostrano le padronanze conoscitive raggiunte: prodotti semplici (mappe concettuali, soluzione di un problema, ecc.) o più complessi (articoli, ricerche, prodotti multimediali, seminari, ecc.)
– eterogeneità del piccolo gruppo
– equa partecipazione
Spero questo articolo possa esserti stato d’aiuto.
RISORSE CONSIGLIATE PER TE: DIDATTICA LABORATORIALE IN 11 STEP.
Se hai voglia di confrontarti con me contattami pure sulla mia pagina Facebook: