La realizzazione dell’inclusione si realizza non solo sul piano della relazione tra individuo con disabilità e classe ma anche, e soprattutto attraverso la relazione didattica che assume il ruolo di mediatore del processo integrativo. Infatti, la programmazione educativa individualizzata deve prevedere, a livello massimo possibile, tutte le materie della programmazione di classe, differenziandole solo nel livello di complessità. MEDIATORI DIDATTICI
Tale differenziazione si realizza attraverso pratiche di rielaborazione ed adattamento delle unità di contenuto e ciò è auspicabile per almeno due valide ragioni che rendono l’adattamento dei materiali di studio una buona pratica per l’integrazione:
– da un lato permette all’alunno con disabilità di sperimentare il piacere del successo incrementando la motivazione e predisponendo a nuove esperienze di apprendimento con i compagni;
– dall’altro evita la frustrazione generata dalla consapevolezza di aver bisogno di libri di testo di un ordine di scuola inferiore.
Tale operazione di semplificazione ed organizzazione dei materiali della classe si realizza attraverso l’uso di materiali didattici strutturati e non strutturati.
– Il materiale strutturato è rappresentato da testi specializzati, schede, giochi didattici, etc. che hanno il vantaggio di essere costruiti nel rispetto dei principi psico-pedagogici, sebbene in genere siano molto frammentari e portino alla perdita del significato globale della esperienza di apprendimento. MEDIATORI DIDATTICI
– I materiali non strutturati sono, invece, quei materiali che i docenti e a volte gli allievi più capaci, costruiscono per mettere l’alunno nella condizione di disabilità nelle condizioni di poter seguire gli stessi lavori della classe. Due esempi classici di materiali non strutturati sono i cartelloni e gli adattamenti dei libri di testo.
Il cartellone ha il vantaggio di organizzare idee principali di un’unità di apprendimento, e la sua elaborazione in tramite parole-chiave permette un uso collettivo volto ad agevolare la comprensione dei concetti e a potenziare le capacità di organizzazione degli stessi. D’altra parte l’adattamento dei libri di testo, in linea con quanto espresso da Scataglini e Giustini (2004) richiede preliminarmente le seguenti operazioni: l’analisi della modalità percettive del bambino, dello stile cognitivo, del grado di motivazione e degli interessi e l’analisi del testo da semplificare o organizzare.
Sulla base di queste due analisi la semplificazione dei testi si snoda in diversi livelli di semplificazione: un primo livello consiste nell’estrapolare dal testo i concetti chiave, ingrandirli graficamente e aggiungere a questi un supporto iconico che sia particolarmente motivante. L’alunno così potrà lavorare sullo stesso libro dei compagni. Questo tipo di semplificazione si rivolge a quegli alunni che, pur essendo in grado di seguire gli stessi ritmi della classe, hanno difficoltà percettive nell’approccio dei testi. Un livello più avanzato di semplificazione consiste nella ristrutturazione del testo eliminando le parti non essenziali e riportando solo le idee più importanti espresse con parole semplici e aspetti grafici in grado di risaltare le parole chiave. Da ultimo si rende necessario ridurre al massimo la parte linguistica per lasciare spazio ad una sequenza di immagini in grado di stimolare l’interesse dell’alunno e facilitargli la comprensione e la memorizzazione delle nozioni presentate. MEDIATORI DIDATTICI
Accanto alle forme di semplificazione dei testi è necessario ricordare che l’apprendimento migliora se a monte della lettura dei testi vengono applicate metodologie chiare e strutturate in grado di organizzare le informazioni: in questo senso si rimanda all’utilità di utilizzare organizzatori anticipati, ovvero mezzi di rappresentazione visiva della conoscenza ossia un modo di strutturare l’informazione o di organizzare gli aspetti più importanti di un argomento in uno schema che utilizza le definizioni, in grado di selezionare le idee principali, individuare i nessi causa-effetto, stabilire analogie e differenze, a supporto della complessa operazione di organizzazione delle informazioni.
MEDIATORI DIDATTICI
I principali tipi di organizzatori anticipati sono:
– Diagrammi causa-effetto. Sono usati per evidenziare i nessi causali nelle azioni di un personaggio di una storia, nelle manifestazioni di un fenomeno, negli eventi che hanno segnato la Storia.
– Grafici di sequenze. Servono ad evidenziare gli elementi chiave secondo una linea temporale, oppure nelle Scienze o in Fisica per visualizzare le procedure di un esperimento scientifico.
– Diagrammi di confronto. Sono un eccellente strumento per evidenziare visivamente le somiglianze e le differenze tra le idee principali, per costruire la scaletta di testi comparativi e, in matematica, per trovare il massimo comun divisore ed il minimo comune multiplo fra più numeri.
– Grafici dell’idea principale e dei dettagli. Sono utilizzati per individuare l’idea principale ed elencare una serie di dati minori che servono ad illustrarla.
Da una prospettiva didattica il processo di inclusione e di ottimizzazione dell’apprendimento per gli alunni con disabilità può avvenire non solo attraverso la rielaborazione delle unità didattiche da parte degli insegnanti, ma anche attraverso l’uso di modalità diverse di presentazione dei contenuti. Queste diverse modalità vengono denominate in letteratura “mediatori didattici”, ovvero azioni messe in atto dagli insegnanti per favori re l’apprendimento degli alunni.
MEDIATORI DIDATTICI
Damiano (1993) identifica quattro tipi di mediatori:
– I mediatori attivi che fanno ricorso alla esperienza diretta. Un esempio di mediatore attivo è rappresentato dall’ esperimento che si realizza in laboratorio. Il limite principale di questo mediatore è costituito dal fatto che esso richiede tempi lunghi di esecuzione, ma se si considerano i vantaggi che derivano dal contatto fisico con il reale, dalla densità emotiva che si viene a produrre, quello della lungaggine dei tempi diventa un limite del tutto irrisorio. MEDIATORI DIDATTICI
– I mediatori iconici che si basano sulla rappresentazione del linguaggio grafico e spaziale (immagini, schematizzazione di concetti, fotografie, filmati, carte geografiche etc.). L’apprendimento mediante immagini si fonda sulle abilità percettive del soggetto. Nonostante siano presenti numerose qualità in termini di sollecitazione di interessi e di motivazione, il mediatore iconico non può essere considerato del tutto autosufficiente, ma richiede l’intervento del mediatore simbolico. Il linguaggio grafico spesso non riesce a riprodurre adeguatamente l’estensione di un concetto e sul piano mnestico, poi, è ingombrante e poco persistente.
– I mediatori analogici cercano di rifarsi alle possibilità di apprendimento insite nel gioco e nella simulazione. Si tratta di attività ludiche di gruppo in cui i partecipanti ricreano particolari situazioni e interpretano personaggi. Il tasso di realismo conseguito con i giochi di ruolo è sicuramente maggiore di altre forme tradizionali di insegnamento ma bisogna stare attenti ad evitare il rischio di scambiare la simulazione con la realtà, creando l’illusione di aver fatto veramente esperienze dirette.
– I mediatori simbolici sono quelli che si allontanano di più dalla realtà di riferimento e sono considerati i meno validi soprattutto dai sostenitori del principio dell’apprendimento diretto. La lezione frontale costituisce un esempio di mediatore simbolico. In termini di risultati di apprendimento è uno degli approcci meno efficaci soprattutto per la passività che induce presso chi ascolta. In termini di tempo è, invece, il più economico dei mediatori e questo rappresenta uno dei principali motivi per cui è preferito dalla gran parte dei docenti. MEDIATORI DIDATTICI
Accanto alle tecniche mediazionali realizzate dagli insegnanti nell’ultimo trentennio sono state realizzate molte ricerche, italiane e straniere, che dimostrano l’utilità dell’insegnamento mediato da pari con studenti con capacità e interessi diversi. Si tratta di una serie di modalità alternative di insegnamento nelle quali gli studenti rivestono il ruolo di facilitatori dell’apprendimento dei compagni. L’insegnamento mediato da pari costituisce un ottimo modo per coinvolgere attivamente gli studenti nel loro apprendimento, cosa che spesso, con le modalità tradizionali e soprattutto nel caso di studenti disabili, non accade.
I tipi di insegnamento mediati da pari più noti e utilizzati con maggiore frequenza sono i seguenti: il cooperative learning che è centrato su gruppi di lavoro eterogenei, sulla effettiva interdipendenza dei ruoli e sull’uguaglianza di opportunità di successo per tutti; il tutoring che consiste nell’affidare ad un alunno specifiche responsabilità di tipo educativo e didattico; il peer teaching che consiste nell’affidare la realizzazione di compiti a studenti che sono alla pari come capacità cognitive. Per facilitare un processo di reale integrazione del soggetto con disabilità, i metodi collaborativi rappresentano una potenzialità di grande rilievo, ma la loro attivazione richiede un lungo lavoro di preparazione da parte degli insegnanti. MEDIATORI DIDATTICI
È necessario che essi creino le condizioni migliori perché il gruppo che lavora con il compagno con disabilità possa dare risultati soddisfacenti. A fronte del generale consenso sull’efficacia dell’insegnamento mediato da pari, vi è una scarsa concordanza di opinioni rispetto alle basi teoriche (Slavin, 2007): l’approccio motivazionale sostiene che l’insegnamento mediato da pari fornisce agli alunni la motivazione ad aiutarsi reciprocamente aumentando così il loro rendimento.
I teorici della coesione sociale ritengono che nei gruppi cooperativi gli studenti sono sollecitati nell’aiutarsi perché hanno più cura l’uno dell’altro (ossia più coesione sociale) e vogliono che gli altri abbiano risultati positivi. Gli approcci cognitivisti suggeriscono che le interazioni verbali e non verbali tra gli alunni migliorano le loro abilità di elaborazione mentale e di conseguenza le loro prestazioni. Insegnando ai compagni contenuti e strategie, gli studenti sviluppano una comprensione più approfondita dei contenuti stessi (imparare insegnando).
Le prospettive evolutive affermano che le attività collaborative promuovono lo sviluppo perché gli alunni lavorano nella loro zona di sviluppo prossimale e imitano comportamenti di collaborazione leggermente più sofisticati dei loro. Per quanto tutte e quattro le prospettive possano essere valide: Mahed, Yharper e Mallette (2001), propongono una prospettiva sinottica che utilizza tutte e quattro le ipotesi per esaminare gli effetti sul piano cognitivo e relazionale dei vari metodi di insegnamento mediato da pari. In tale prospettiva i metodi collaborativi rappresentano una potenzialità di grande rilievo, ma la loro attivazione richiede un lungo lavoro di preparazione da parte degli insegnanti.
È necessario che essi creino le condizioni migliori perché il gruppo che lavora con il compagno con bisogni educativi speciali possa dare risultati soddisfacenti. La condizione più importante è che la classe conosca il deficit del compagno e ne prenda consapevolezza.
MEDIATORI DIDATTICI
RISORSE CONSIGLIATE PER TE: I PRINCIPALI MODELLI PEDAGOGICI DELLA DIDATTICA.
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Buon lavoro! 🙂