L’inclusione scolastica e l’approccio inclusivo riguarda tutti
La scuola è un sistema complesso dove i soggetti e gli oggetti dell’apprendimento – adulti che insegnano, allievi che apprendono, il sapere da acquisire – sono legati tra loro con fili doppi: illuminare l’alunno lasciando la scuola al buio significa recidere quei legami e spezzare la molecola che contiene l’unità di senso dell’apprendimento. APPROCCIO INCLUSIVO A SCUOLA
Purtroppo il dibattito attuale sul sostegno scolastico ha peccato di superficialità concentrando troppo il problema dell’inclusione sugli studenti con disabilità e quindi sul garantire un’assistenza adeguata al soggetto, perdendo di vista le caratteristiche che il contesto scolastico deve possedere perché chiunque – a partire dalle proprie abilità e disabilità – possa costruirvi la propria identità.
Nel quadro di fretta e pragmatismo che sta caratterizzando la discussione il perché e il come rischiano di rimanere sullo sfondo. Del resto anche a livello accademico e tra gli addetti ai lavori si è discusso ancora troppo poco sulla qualità del nostro sistema inclusivo e non si sono messe a nudo fino in fondo le criticità. A scuola, come sappiamo, la coscienza dei problemi è spesso diversa, forse meno elaborata che altrove, ma pi ù viva. Ogni giorno facciamo esperienza di una variegata fenomenologia di fattori che ostacolano la realizzazione dei processi inclusivi: ignoranza circa i fondamenti di psicologia dell’educazione e dell’apprendimento e di pedagogia speciale a tutti i livelli; eccesso di delega dell’intervento su gli alunni disabili ai colleghi specializzati; marginalizzazione dei docenti specializzati all’interno della comunità scolastica; atteggiamenti paternalistici verso i pi ù deboli; realtà di microesclusione. APPROCCIO INCLUSIVO A SCUOLA
Basta un colpo d’occhio per capire che si tratta di problemi a cui solo in parte si può rispondere andando per le vie brevi, senza fare analisi dei vari contesti, senza chiedersi cosa comporti aprire la scuola a tutti davvero.
Cosa si intende per inclusività?
Di fatto nel dibattito hanno avuto risalto l’analisi e la diagnosi funzionale della disabilità lasciando in secondo piano l’insieme delle azioni educative. Non si è discusso finora, ad esempio, dell’importanza dell’osservazione psico-pedagogica, invece essenziale per progettare e calibrare l’intervento educativo, e non si sottolinea l’importanza di fondare i processi inclusivi sulle potenzialità dell’alunno, sull’ambiente e sulla classe.
Si è parlato genericamente del bisogno di garantire livelli essenziali di inclusione scolastica, ma senza esplicitarne gli strumenti, i criteri, i dispositivi, gli obiettivi. Compito certo non facile ma ineludibile: la valutazione è un sistema complesso strettamente correlato al modello formativo e inclusivo che si adotta, il problema è come declinarla, quindi, nelle singole realtà .
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E poi cosa si intende per inclusività?
Il conseguimento di alcuni apprendimenti fondamentali? Il funzionamento accogliente o meno della comunità scolastica come luogo accessibile e di pari opportunità? Esiste uno standard a cui riferirsi? La percezione degli attori può essere sufficiente a descrivere la qualità del nostro sistema di inclusione scolastica? Questa resta una zona opaca che deve essere approfondita.
Il ruolo e le competenze dell’insegnante di sostegno
In merito al ruolo e alle competenze del docente di sostegno sta emergendo una concezione tecnico/specialistica che non ci convince, in quanto si tende a privare il suo lavoro dello statuto circolare e dell’interazione continua tra l’operativit à didattica e la preparazione disciplinare.
Alla fine, l’unico intento chiaro sembra essere la volontà di costruire una sorta di barriera nella mobilità professionale tra insegnante curricolare e specializzato di sostegno. Confermata d’altra parte dalla proposta di creazione di una specifica classe di concorso per insegnare sul sostegno.
Concordiamo con la SIPeS (Società Italiana di Pedagogia Speciale) sulla necessità che l’insegnante specializzato debba possedere prioritariamente una formazione curricolare arricchita da una formazione specialistica di durata biennale; che la formazione iniziale sulle didattiche inclusive sia in stretto raccordo e collegamento con quella in servizio; riteniamo che le modalità attuative di formazione del personale scolastico sui temi dell’inclusione non possano essere concordate unicamente tramite la contrattazione tra MIUR e sindacati, semmai devono scaturire dai reali bisogni formativi delle comunità scolastiche, nonché dal dibattito culturale e scientifico in ambito accademico e associativo. APPROCCIO INCLUSIVO A SCUOLA
Indubbiamente esiste l’esigenza di garantire la continuità didattica nelle pratiche inclusive e nell’ottica di un sostegno diffuso, ma allora invece del blocco decennale, si può ricorrere all’istituzione di cattedre miste (cosi ̀ come proposte dai docenti bis-abili e dal coordinamento dei docenti di sostegno) che consentano al contempo l’interscambiabilità dei ruoli fra docente curricolare e di sostegno e una presenza costante delle figure educative di riferimento nei contesti classe.
L’ ICF (International Classification of Functioning, Health and Desease) sicuramente nell’ambito diagnostico ha costituito un passo avanti, ma non può essere usata in maniera esagerata, come se essa fosse una risposta pratica, capace da sola di definire il progetto di una scuola inclusiva. Senza un tale progetto, che sappia coniugare le epistemologie disciplinari con uno sguardo psicopedagogico efficace, si corre il rischio che in luogo della didattica delle mediazioni attive prenda campo un’idea di inclusione estremamente specialistica e separata.
Questa visione che azzera il ruolo del contesto, cornice attiva dell’apprendimento di tutti e di ciascuno, sta portando alla marginalizzazione anche delle figure che agiscono nella classe, quali gli educatori professionali e sociali e tutte le altre figure assistenti all’autonomia e alla comunicazione. Professionalità importanti, oggi a carico degli enti locali alle prese con mille difficoltà che comportano una drastica riduzione della rete di operatori che co-costruiscono il nostro sistema inclusivo.
Pensiamo inoltre che ignorare il ruolo che possono svolgere figure quali quella del mediatore interculturale sia un altro segno della volontà di non riconoscere la realtà del carattere multiculturale e meticcio delle nostre classi e ciò che è più grave della rinuncia a vedervi un’opportunità per tutti.
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Ripensare la scuola
Riteniamo sia urgente ripensare completamente la scuola se vogliamo che sia davvero inclusiva per tutti. È necessario ripartire dalle preziose considerazioni di Vygotskij, in particolare quando sostiene che l’educazione si attua solo attraverso l’esperienza personale dell’alunno, interamente determinata dall’ambiente, e il ruolo del maestro è quello di organizzare e ordinare l’ambiente stesso.
Come dire che in fondo ogni alunno si educa da sé: deve solo essere aiutato a individuare il proprio percorso personale in un ambiente che offra tutti i sentieri possibili per raggiungere la meta. In questa visione il deficit rappresenta solo il punto di partenza, ragione di difficoltà tanto quanto di potenzialità che devono trovare espressione nella scuola. Ma questo è possibile solo se tutti i docenti crescono nelle competenze relazionali e nella loro capacità di potenziare i processi di apprendimento di ciascun alunno. Purtroppo sembra che le conoscenze di psicologia dello sviluppo affettivo, cognitivo e linguistico siano centrali solo nei casi di alunni con specifiche disabilità, ma in realtà è fondamentale anche conoscere la psicologia dei processi normali, che non corrispondono ad alcuna patologia, per distinguere e rispettare le diverse strategie cognitive e le potenzialità che caratterizzano ciascun individuo.
Il deficit si trasforma in handicap sociale solo nel suo impatto con l’ambiente, se esso è rigido, selettivo, incapace di accogliere la diversità. APPROCCIO INCLUSIVO A SCUOLA
L’inclusione di studenti con disabilità ha permesso di accumulare nelle scuole un patrimonio di esperienze prezioso per una riflessione sull’innovazione didattica indispensabile ad una scuola che voglia essere davvero inclusiva.
I successi raggiunti con molti di questi allievi confermano che per qualunque alunno l’apprendimento richiede la comprensione profonda di ciò che si deve imparare. Ma comprendere etimologicamente significa contenere in se , ́ far proprio: ogni conoscenza quindi, per essere appresa deve essere rivestita di senso dal soggetto. Per questo apprendere non è mai un atto passivo: si apprendono solo conoscenze emozionanti, capaci cioè di coinvolgere tutti i sensi, stimolare l’intelletto, toccare il cuore.
Ma come si fa a rendere emozionante la letteratura, la poesia la testualità senza coinvolgere gli allievi – tutti – fin da subito con la richiesta di trasformare in testo qualcosa del proprio vissuto personale? E come si può insegnare scienza e arte (ma qualunque disciplina) senza che il percorso di studio rappresenti la ricerca di risposte a problemi sentiti come tali dagli studenti stessi?
Si tratta di operare scelte didattiche ben precise che permettano agli allievi di fare esperienza di sé attraverso l’esperienza del mondo che la scuola filtra e predispone per loro.
Non sono gli alunni con disabilità a portare problemi nella scuola, bensi ̀ sono i problemi rimossi della scuola a esplodere di fronte alla domanda da essi portata nelle classi: di un apprendimento diverso – per modi, tempi e traguardi – da quello che la nostra scuola sa concepire.
Avere chiaro questo ribaltamento è fondamentale per non illuderci che sia possibile una politica per l’inclusione in una scuola buona solo a escludere. APPROCCIO INCLUSIVO A SCUOLA
L’unico risultato sarebbero un assistenzialismo che paradossalmente avrebbe l’effetto di un rinforzo della scuola più tradizionale, che affidando gli alunni più fragili a un unico docente che se ne faccia carico trova di nuovo il modo di non misurarsi con la loro domanda di inclusione vera. Questa deriva conservatrice è purtroppo una realtà diffusa, e la delusione che produce è una delle cause delle tensioni che nascono spesso tra docenti disciplinari e docenti di sostegno, quando invece di riconoscersi portatori di diverse competenze (preziose se complementari) all’interno dello stesso ruolo si attribuiscono diversi ruoli, disperdendo cosi ̀ una parte fondamentale della propria competenza.
Una politica efficace per l’inclusione non può prescindere dalla formazione di docenti che sappiano compiere scelte didattiche coraggiose, sulla base di adeguate conoscenze disciplinari, pedagogiche e di psicologia dello sviluppo; docenti capaci di affiancarsi ai singoli allievi tenendo contemporaneamente lo sguardo alto sull’intera classe.
L’immagine che Don Milani ci ha lasciato è quella del maestro che predispone il lavoro della sua classe e poi passeggia tra i banchi, chinandosi su un alunno ogni qual volta avesse bisogno del suo aiuto. Sono queste le azioni che restano centrali nella figura dell’educatore. Azioni delle quali qualunque insegnante deve farsi carico in prima persona. APPROCCIO INCLUSIVO A SCUOLA
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RISORSE CONSIGLIATE PER TE: INTERVENTO INCLUSIVO IN CLASSE IN CINQUE LIVELLI.
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Buon lavoro! 🙂