INTERVENTO PSICO-EDUCATIVO
Tra i possibili interventi psico-educativi sui disturbi del comportamento la terapia cognitivo-comportamentale per i bambini e gli adolescenti con problemi di condotta e di aggressività è sicuramente quella che sceglierei, e con la quale ho ottenuto maggiori risultati. INTERVENTO PSICO-EDUCATIVO, INTERVENTO PSICO-EDUCATIVO
Devi sapere che tale terapia è basata su un modello socio-cognitivo scientificamente fondato, che parte dall’analisi degli stimoli che provocano nel soggetto il crescere di una attivazione emozionale (definita arousal) che si trasforma in rabbia e quindi sfocia in risposte aggressive.
Rifacendosi agli studi degli psicologi del comportamento e a quelli della psicologia cognitivista (che danno valore ai processi mentali di controllo delle condotte reattive attraverso il pensiero e il dialogo interno), il modello in questione opera sulle distorsioni cognitive, ovvero sulle percezioni erronee e/o disfunzionali dei soggetti con problemi di aggressività.
Infatti,
QUANDO UN BAMBINO INCONTRA UNO STIMOLO CAPACE DI PROVOCARE UNA REAZIONE DI RABBIA,LE RISPOSTE EMOZIONALI E FISIOLOGICHE CHE PORTANO ALLA RABBIA (AROUSAL= ATTIVAZIONE EMOZIONALE) SONO INFLUENZATE SOPRATTUTTO DAI PROCESSI DI PERCEZIONE E VALUTAZIONE DELL’EVENTO ATTIVANTE, PIUTTOSTO CHE DALL’EVENTO IN QUANTO TALE.
L’INTERVENTO PSICO-EDUCATIVO NEI COMPORTAMENTI PROBLEMA COSA DEVI FARE:
- Lavorare per limitare al massimo il presentarsi di eventi potenzialmente attivanti rabbia, scoprendo quali sono determinanti per quel soggetto;
- Siccome capirai bene, non è possibile evitare in assoluto gli eventi attivanti, occorre lavorare sul modo che il soggetto ha di percepirli e valutarli, insegnandogli nuovi punti di vista rispetto a quelli che normalmente applica;
- Anche in questo caso non è possibile escludere che il soggetto incontri comunque situazioni che creano attivazione e rabbia, occorre che gli insegni modi efficaci di pensare ed agire (attraverso autoistruzioni verbali, allenamento attraverso il role playing parleremo nei prossimi articoli di questo) in modo da controllare la spontanea reazione di rabbia e sostituirla con un’altra più efficace.
Come sai ho già più volte spiegato in altri articoli quanto sia propedeutico a qualsiasi trattamento il costruire una buona relazione educativa, poiché i soggetti in età evolutiva con problemi di rabbia e aggressività non solo sono resistenti e reticenti ad impegnarsi, ma soprattutto non chiedono di essere aiutati e mantengono modalità oppositive a lungo.
Anche quando si ottenga un invio ad uno specialista (psicologo) è probabile che questi bambini si sentano costretti dai genitori dunque considerino l‘educatore o anche il terapeuta alla stregua degli altri adulti con i quali si relazionano quotidianamente.
Devi tenere presente che attraverso le azioni aggressive spesso vengono espressi vissuti depressivi e quindi i momenti educativi (o le sedute di terapia) diventano palcoscenico di atti provocatori che hanno lo scopo di provare la solidità e la stabilità del “contenimento” educativo.
E’quindi molto difficile coinvolgere questi bambini e ragazzi, dunque spessissimo anche l’insegnante può trovarsi di fronte a vere e proprie resistenze: nelle prime fasi soprattutto non è facile operare investimenti “affettivi” su bambini aggressivi, oppositivi e rabbiosi.
Per questo come insegnante o genitore devi conoscere anche le tue reazioni e controllarle, vivere l’intervento su questi bambini e ragazzi come una sfida che si può vincere!
MOLTI PURTROPPO CREDONO ERRONEAMENTE CHE ESSERE UN INSEGNANTE SIA SOLO UN LAVORO SUGLI ALTRI, MA LA VERITÀ CHE È, E DOVREBBE ESSERE, UN LAVORO COSTANTE SU NOI STESSI.
Vediamo adesso quali sono le 4 fasi dell’intervento psico-educativo;
1. Nella PRIMA FASE si aiuta il bambino/ragazzo ad identificare le situazioni scatenanti la rabbia (eventi attivanti sia interni che esterni) e a prendere coscienza del legame esistente tra emozioni, interpretazioni, pensieri e comportamento.
Questo processo puoi svolgerlo suggerendo al bambino/ragazzo delle semplici domande attraverso le quali può svolgere un’attività di riconoscimento dei propri stati interni, come ad esempio:
– Cosa mi fa arrabbiare?
– Cosa sento dentro di me quando mi cresce la rabbia?
– Come posso considerare le cause della mia rabbia?
– Devo arrabbiarmi davvero o ci sono degli altri modi di rispondere? Cosa posso pensare o fare per fermare la rabbia dentro di me?…)
2. In una SECONDA FASE, attraverso tecniche di auto-osservazione e auto monitoraggio dei processi cognitivi automatici e fisiologici (auto-dialogo, tecniche di rilassamento, training per l’assertività, ecc.) al bambino vengono fornite specifiche strategie, sia cognitive che comportamentali, da usare nel momento in cui deve fronteggiare delle situazioni che gli provocano rabbia;
3. In una TERZA FASE vengono insegnate al bambino strategie di controllo dell’aggressività per abbassare il livello di attivazione emotiva, abilità di problem solving e comportamenti interpersonali più efficaci (tecniche di comunicazione efficace, role-play, dialogo interno, uso di autoistruzioni verbali, negoziazione del conflitto, ecc.);
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4. Nella QUARTA FASE, quando il giovane è diventato abbastanza abile nell’uso in terapia delle abilità apprese nel gestire la rabbia, viene esposto in modo progressivo e sistematico a situazioni problematiche dove si è sicuri che il bambino potrà affrontare con successo le “prove” e sperimentare gradualmente un senso di efficacia personale.
Le difficoltà comportamentali possono condurre, anche in ragazzi dalle abilità cognitive normali, presto o tardi a problemi nel rendimento scolastico.
E’ quindi importante cercare di lavorare per potenziare le capacità attentive, di controllo e di autoregolazione, migliorare le strumentalità di base (lettura, comprensione del testo, strategie di studio…) e sostenere la motivazione per prevenire l’insuccesso scolastico.
L’INTERVENTO DEVE PREVEDERE SIA UN LAVORO ALL’INTERNO DELLA CLASSE CHE A LIVELLO SINGOLO, ORGANIZZANDO LA DIDATTICA PER CREARE IL PIÙ POSSIBILE UN CLIMA POSITIVO A SCUOLA, FRONTEGGIANDO CON UN PIANO PRECISO ANCHE I MOMENTI DI AGITI AGGRESSIVI DEL RAGAZZO.
Può essere utile registrare antecedenti e conseguenti del comportamento da modificare (si veda lezione precedente) individuando cosa scatena la crisi e che cosa la rinforza come conseguenza. A quel punto occorre cercare di fare in modo che la miccia non si accenda e, se si è accesa, cercare di non buttare benzina sul fuoco.
Se riusciamo a individuare cosa o quali attività sono gradite al ragazzo si può impostare un contratto educativo che favorisca la responsabilizzazione del ragazzo e anche della famiglia. Importante riuscire a trovare quello che “funziona” (punti di forza), anche se è poco, e valorizzarlo per non perderlo, stimolando le specifiche competenze per farle crescere.
RISORSE CONSIGLIATE PER TE COME OSSERVARE UN COMPORTAMENTO PROBLEMA .
Se hai voglia di confrontarti con me contattami pure sulla mia pagina Facebook: DIDATTICA PERSUASIVA.