Per un intervento inclusivo in classe: lavorare sulla classe.
La programmazione individualizzata deve necessariamente tenere conto della programmazione della classe per poter permettere un’adeguata integrazione del disabile, in altro modo si configurerà come elemento di separazione, di segregazione e di lavoro individuale condotto dall’insegnante di sostegno, dentro e fuori la classe. Affinché si instauri un circolo virtuoso tra programmazione individualizzata e programmazione di classe è necessario che i docenti di sostegno e i docenti curricolari lavorino insieme in maniera da poter selezionare obiettivi, contenuti e attività che possono essere scanditi secondo diversi livelli di difficoltà.
Per raggiungere tale scopo sono individuabili alcune semplici strategie in grado di realizzare una buona integrazione salvaguardando sia i diritti dei disabili che i diritti dei suoi compagni di classe.
A tal fine infatti è necessario costruire un clima classe inclusivo, che funga da ambiente adattivo per il superamento della disabilità e che permetta da un lato l’adeguamento degli obiettivi del disabile agli obiettivi della classe e dall’altro di adeguare gli obiettivi della classe a quelli del disabile.
INTERVENTO INCLUSIVO IN CLASSE
Creare un clima inclusivo.
La realizzazione dell’integrazione degli alunno con disabilità all’interno del contesto classe passa e si sviluppa attraverso la definizione di un clima di accoglienza nella classe, che sia da preludio per l’adeguamento di obiettivi e di materiali ai bisogni del disabile. Tale operazione infatti sarebbe vana qualora non si fosse creato un clima di accettazione reciproca nel rispetto delle differenze individuali. Il concetto di inclusione, ovvero, l’appartenenza ad un gruppo pur conservando la propria peculiarità e sperimentando l’interdipendenza da esso, si fonda sul riconoscimento di altri due concetti: quello di normalità e quello di specialità.
La normalità risponde al bisogno di sentirsi considerati e trattati alla stessa stregua degli altri.
La specialità risponde al bisogno di sentirsi diversi dagli altri, tale riconoscimento potrebbe passare ad esempio attraverso l’offerta fatta ad un alunno di poter scegliere tra diverse attività che sono svolte all’interno di un laboratorio, in tal modo la possibilità di scegliere offerta a tutti (normalità) e la specializzazione dell’attività (specialità) si coniugano.
Pragmaticamente, in un loro studio sull’inclusività delle classi, Andrich e Miato, focalizzano alcune coordinate che fungono da mediatori e moderatori dell’integrazione dell’alunno disabile:
1) l’alunno con disabilità deve rimanere in classe per il maggior tempo possibile;
2) l’alunno con bisogni speciali deve fare il più possibile le stesse cose che fanno i suoi compagni;
3) l’alunno disabile deve il più possibile essere posto nelle stesse condizioni formative degli altri studenti;
4) i migliori insegnanti di sostegno sono i suoi compagni;
5) gli spazi di un’aula inclusiva devono essere ampi.
INTERVENTO INCLUSIVO IN CLASSE
Queste indicazioni sostengono d’altra parte la tesi per cui la cura per la qualità relazionale e l’allestimento di un setting educativo adeguato diventano assolute priorità per lo sviluppo di buone prassi di integrazione per studenti disabili, che sentendosi accolti ed incoraggiati hanno una percezione di valorizzazione della loro diversità, e tale sensazione funge da volano per l’integrazione nel gruppo classe, condizione necessaria per sviluppare al meglio anche la propria dimensione cognitiva.
Adeguare gli obiettivi della persona con disabilità agli obiettivi della classe.
Sul paino strettamente didattico l’integrazione/inclusione dell’alunno disabile nella classe può avvenire attraverso la strutturazione e la messa in opera di un percorso didattico specifico ed adeguato che avrà il vantaggio secondario di favorire ed accelerare il processo di integrazione. Inoltre, l’adozione di strategie didattiche specifiche, come ad esempio il modello didattico per problemi, o il modello didattico per concetti, o ancora il modello della didattica breve o per obiettivi, si sono dimostrati vettori particolarmente efficaci per l’integrazione.
Nello specifico il modello per obiettivi, sicuramente per le sue implicazioni positive rispetto ai processi di individualizzazione (la scansione degli obiettivi, degli argomenti, il rispetto dei tempi e delle caratteristiche del soggetto, la preoccupazione circa la verificabilità dei risultati) ha dimostrato una maggiore efficacia come strategie didattica integratoria del deficit, procedendo dal meno grave al più grave.
INTERVENTO INCLUSIVO IN CLASSE
L’adeguamento degli obiettivi del disabile in relazione agli obiettivi della classe è definito dal docente sulla base del modello didattico adottato, e, in linea con questa prospettiva Ianes (2005) individua cinque livelli di adeguamento degli obiettivi in relazione alla gravità:
– La sostituzione. L’obiettivo non si semplifica, ma viene curata solo l’accessibilità dei codici linguistici (lingua dei segni, materiale in Braille, registrazioni audio dei testi).
– La facilitazione. Per garantire il raggiungimento dell’obiettivo è sufficiente utilizzare tecnologie più motivanti (ad esempio software didattici) e contesti didattici fortemente interattivi e operativi (tutoring, gruppi di apprendimento cooperativo, laboratori, simulazioni etc.).
– La semplificazione. Si modifica il lessico, si riduce la complessità concettuale, si eseguono le operazioni di calcolo utilizzando la calcolatrice, si modificano i criteri di corretta esecuzione di un compito (consentendo più errori e imprecisioni).
– Scomposizione nei nuclei fondanti. Nell’epistemologia di un sapere disciplinare si identificano delle attività fondanti e accessibili al livello di difficoltà di cui abbiamo bisogno.
– La partecipazione alla cultura del compito. Si cerca di trovare occasioni perché l’alunno sperimenti, anche se soltanto da spettatore, la “cultura del compito” (il clima emotivo, la tensione cognitiva, i prodotti elaborati, etc.). Nella vita di ogni giorno noi partecipiamo ad una infinità di situazioni, pur non avendo in esse particolari competenze. Ci sono settori dei quali non sappiamo molto, ma non per questo ci esoneriamo dal partecipare all’atmosfera culturale ricavandone sollecitazioni importanti sul piano personale. In una classe che attua l’integrazione si verificano dinamiche analoghe. In base alla gravità del deficit, i docenti possono scegliere il livello di semplificazione degli obiettivi che reputano più idoneo per l’alunno disabile.
INTERVENTO INCLUSIVO IN CLASSE
D’altra parte essendo il processo di integrazione/inclusione fondamentalmente un processo dialogico che implica la compartecipazione dell’alunno disabile e del contesto classe, gli sforzi di adeguamento dell’alunno alle attività della classe devono essere compensati da uno sforzo di integrazione da parte della classe, solo in tal modo infatti potremmo parlare di una vera integrazione.
La realizzazione del processo di integrazione/inclusione infatti si realizza richiedendo, sia al gruppo accogliente sia all’allievo inserito, una serie di cambiamenti capaci di consentire loro occasioni di collaborazione e aiuto reciproco. Ciò implica per la classe un generale adeguamento degli obiettivi perseguiti alle esigenze del disabile, con la consapevolezza che questo adeguamento possa giovare ad entrambi. Questo concetto non si traduce in una programmazione “al ribasso” in cui viene richiesto agli studenti di una classe di tornare a ripetere programmi già affrontati, ma di cercare tutte le occasioni possibili per avvicinarsi al lavoro del disabile.
Se, per esempio, un bambino sta lavorando sulla discriminazione dei colori, si possono programmare delle lezioni sullo spettro solare e i colori dell’iride; se sta imparando la successione dei numeri servendosi della retta numerica, la classe può lavorare sugli assi cartesiani che, in fondo, non sono altro che due rette numeriche perpendicolari. Tuttavia è auspicabile la messa in atto di un approccio didattico sistematico volto ad avvicinare le esigenze della classe alle esigenze del disabile, a tal fine alcune semplici operazioni sembrano supportare tale prospettiva didattica. Ad esempio il ripasso frequente degli argomenti rappresenta un primo tentativo di andare incontro alle esigenze del compagno più debole e non è detto che rappresenti una perdita di tempo per la classe. INTERVENTO INCLUSIVO IN CLASSE
Un altro esempio può essere un approccio operativo verso tutte le discipline, e non solo a quelle tecniche o artistiche, che sembra essere in grado di sostenere l’apprendimento del disabile facendo leva sul suo bisogno di pragmatismo e di concretezza, ed allo stesso tempo si configura come occasione preziosa per tutti quegli alunni che vivendo l’esperienza scolastica come un male necessario, possono trarre dalle attività pratiche (costruire cartelloni, fare esperimenti, utilizzare il mezzo informatico ai fini didattici, etc.) e nuova motivazione. Un altro esempio può essere la concentrazione dell’attività didattica a supporto dello sviluppo di abilità di studio intesa nei termini di individuazione dei concetti chiave di un brano di lettura, nel sottolineare le parti più importanti e nello schematizzare in maniera gerarchica i concetti, tale attività infatti si configura come occasione per abbandonare una concezione esclusivamente nozionistica dello studio e intraprendere un percorso attento ai processi di studio e non solo ai contenuti.
INTERVENTO INCLUSIVO IN CLASSE
Fonte: Strategie e metodi di integrazione educativa e didattica – Unità Didattica I
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