Le difficoltà visive. IL BAMBINO IPOVEDENTE A SCUOLA
I l nostro occhio vede un oggetto e neproietta l’immagine sulla retina, la quale, attraverso le varie cellule retiniche, la decodifica. Le informazioni necessarie vengono poi inviate, attraverso il nervo ottico, al cervello. Il cervello le elabora formandone una rappresentazione mentale e immagazzina la rappresentazione dell’oggetto nella memoria. IL BAMBINO IPOVEDENTE A SCUOLA
A volte però questo percorso viene deviato o distorto da disfunzioni nelle varie parti dell’occhio, nella trasmissione o nell’elaborazione a livello cerebrale.
Con deficit visivi quali miopia, ipermetropia, astigmatismo, che si situano unicamente nella parte ottica dell’occhio, l’oculista stabilisce la traiettoria del fascio luminoso e corregge con lenti adeguate la messa a fuoco dell’immagine sulla retina. L’immagine diventa nitida e riconosciuta nella sua globalità. IL BAMBINO IPOVEDENTE A SCUOLA
Queste persone hanno sì delle difficoltà visive, ma non rientrano nella casistica degli ipovedenti. Parliamo di ipovisione, o Low Vision, quando, malgrado una correzione ottica della vista, la visione della persona rimane ridotta. Tra la cecità e l’ipovisione esiste una quantità di forme tutte diverse di deficit visivi, che sono generate da svariati fattori; il deficit può essere congenito o acquisito, avvenuto precocemente o tardivamente.
Le difficoltà visive che possono entrare in gioco a diversi livelli generano una complessità di lettura e comprensione dell’ambiente, tale che l’azione pedagogica da mettere in atto diventa strettamente individualizzata alla persona. L’aspetto sociale ed emotivo di ognuno impedisce poi una generalizzazione della presa a carico. IL BAMBINO IPOVEDENTE A SCUOLA
Al momento della scoperta di un’ipovisione, la tempestiva segnalazione è estremamente importante, non è mai troppo presto. Il bambino necessita di una speciale educazione per un’evoluzione adeguata alla sua età. Una percezione parziale delle “cose”, causata da un’ipovisione, porta a una conoscenza cognitiva dell’ambiente non corretta, perché non completa.
Grazie alla plasticità del sistema nervoso centrale dei bambini (ossia l’adattamento che permette ai neuroni di modificarsi e di organizzarsi in base alle esperienze vissute), a una precoce stimolazione visiva e a un apprendimento di forme suppletive alla vista (quali tatto, udito, olfatto, ecc.) nei primi mesi/anni di vita, si possono migliorare le possibilità di apprendimento di tecniche e di strategie necessarie per conoscere al meglio l’ambiente e sviluppare le adeguate competenze motorie. La percezione visiva non è quindi solamente il risultato fisiologico di un processo di maturazione della funzione visiva, ma un processo di apprendimento.
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16 consigli pratici per aiutare il bambino ipovedente in classe.
1. Se non ti guardo è perché ti sto ascoltando.
2. Quando vedi che mi lacrimano gli occhi e continuo a sfregarli, permettimi di fermarmi a riposare. Se in classe crei un angolo tranquillo, potrei andarci quando sono stanco.
3. Alterna delle attività visive con attività d’ascolto, in modo che la mia vista si affatichi meno.
4. Se vedi che i miei occhi si muovono continuamente, vuol dire che fatico a mantenere lo sguardo su ciò che mi mostri. Permettimi di avvicinarmi e indicami esattamente dove devo guardare.
5. Se la mia testa è tesa in avanti quando scrivi alla lavagna, vuol dire che fatico a leggere da lontano. Permettimi di avvicinarmi e verbalizza ciò che scrivi.
6. Attenzione al colore del gesso. Io preferisco un colore come il bianco o il giallo.
7. Se noti che piego la testa da un lato per guardare, potrebbe voler dire che da un occhio non ci vedo bene. IL BAMBINO IPOVEDENTE A SCUOLA
8. Se calco troppo quando scrivo con la matita e a volte buco il foglio, è perché il colore della matita è troppo chiaro; permettimi perciò di scrivere con un pennarello o con una matita più visibile.
9. Se mi avvicino troppo al libro, aiutami con un leggio o con un ripiano inclinabile, così non mi viene mal di collo o mal di schiena. Anche una lampada sul mio banco potrebbe aiutarmi.
10. Dammi delle fotocopie pulite e non già fotocopiate più volte: sono più chiare e riesco a leggerle meglio.
11. Leggo molto adagio perché il mio sguardo non scorre sulla riga e continuo a perdere il posto. Ingrandiscimi, quanto basta, i libri e permettimi di utilizzare un cartoncino o il dito per non perdere il posto. IL BAMBINO IPOVEDENTE A SCUOLA
12. Se non riconosco degli oggetti, aiutami con una lente o con un ingranditore op- pure permettimi di poterli toccare, in modo che le mie mani possano capire ciò che non vedo.
13. Se fatico a ritrovare le aule di scuola, dammi delle indicazioni precise con dei punti di riferimento, così posso diriger- mi nel luogo indicato senza perdermi.
14. Se preferisco restare in classe senza uscire a ricreazione con i miei compagni, è perché ho paura di trovarmi in uno spazio aperto. Fatico ad anticipare i movimenti degli altri e sovente mi scontro con loro. Accompagnami vicino ai miei compagni: saranno capaci di rassicurarmi e potranno guidarmi nei loro giochi.
15. Durante le uscite scolastiche ho bisogno di aiuto per potermi muovere con maggior sicurezza.
16. Aiutami a spiegare il mio deficit visivo ai miei compagni: mi sentirei più capito e potrebbero aiutarmi meglio.
Fonte: “Il bambino ipovedente alla Scuola Elementare Suggerimenti pratici per genitori, insegnanti e terapisti” Prima edizione, maggio 2012 – Opuscolo informativo curato da Raffaella Crivelli, Servizio giovani ciechi e ipovedenti della Unitas con alcune osservazioni tratte da pubblicazioni del CPHV (Centre Pédagogique pour élèves Handicapés de la Vue) Impaginazione: Studio Boneff, Lugano.
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