La scuola di oggi per essere definita “scuola inclusiva” è chiamata a rispondere ai differenti bisogni degli alunni, in alcuni casi si manifestano in modo marcato e lampante, in altri risulta essere più mascherato, ma non per questo meno allarmante. Infatti accanto alle disabilità conclamate, cresce sempre più il numero di alunni che presenta dei Bisogni Educativi Speciali in assenza di una certificazione specifica. È importante che l’insegnante sia in possesso degli strumenti utili per individuare tempestivamente le varie difficoltà e far ricorso alle risorse disponibili e progettare interventi funzionali, volti a sviluppare le competenze fondamentali, che non possono mancare nel bagaglio professionale degli insegnanti. COMPORTAMENTI PROBLEMA IN CLASSE
Ogni alunno è un individuo con la sua storia e le sue esperienze che si manifesta tramite il gioco, le azioni, le relazioni e attraverso questi rivela i propri interessi e i propri bisogni e ciò che fa parte della sua persona. Per mettere al centro dell’intervento educativo l’alunno, non si può fare a meno di utilizzare l’osservazione come strumento che permette di conoscerlo nell’intento di rispondere suoi bisogni e di orientare il suo ben-essere.
COMPORTAMENTI PROBLEMA IN CLASSE
Cosa sono i comportamenti problema.
Nella scuola di oggi spesso ci ritroviamo di fronte a comportamenti problematici, che creano difficoltà alla persona che li mette in atto e alle persone che con essa si relazionano. In questo vademecum parleremo di comportamenti problema includendo nei termini gli atteggiamenti esplosivi e le cosiddette crisi comportamentali che spesso rientrano tra i sintomi di in alcune categorie diagnostiche (Autismo, Disturbo Oppositivo Provocatorio, Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività – ADHD– Disturbo della Condotta, ecc.), ma che sempre più frequentemente si osservano in alunni non certificati.
I comportamenti problema possono assumere le forme più disparate e:
– sono pericolosi per il bambino che li compie;
– sono pericolosi per chi è intorno a lui;
– sono distruttivi per l’ambiente;
– impediscono all’alunno di apprendere nuove abilità e di potenziare quelle in acquisizione;
– ostacolano l’interazione perché sono inaccettabili e generano rifiuto.
Spesso si manifestano con:
– aggressività auto ed eterodiretta;
– distruzione di oggetti;
– fuga;
– urla;
– autostimolazioni;
– proteste verbali e atteggiamenti di sfida, comportamenti irriverenti verso gli adulti;
– non collaborazione;
– rifiuto delle regole.
In genere un comportamento problematico viene osservato quando l’alunno:
– vuole ottenere qualcosa a cui non ha accesso;
– sente uno o più bisogni per il quale non riesce ad esprimere la richiesta;
– quando si ha un ritardo nella consegna di ciò che desidera;
– deve riconsegnare qualcosa;
– vuole richiamare l’attenzione degli altri;
– deve svolgere un’attività gradita che al momento non può compiere;
– deve scaricare la tensione emotiva;
– vuole evitare dei compiti, dei luoghi e delle situazioni particolari.
Spesso un comportamento può essere rinforzato, non in modo volontario, dal fatto che ottenga o eviti ciò che voleva.
COMPORTAMENTI PROBLEMA IN CLASSE
Valutazione dei comportamenti problema: cosa osservare (comportamento, rinforzo, estinzione).
Il compito della scuola di fronte ai comportamenti esplosivi è, in primo luogo, quello di comprendere quali condizioni e situazioni determinano con maggiore frequenza la comparsa delle crisi comportamentali, cercando poi di individuare quali modifiche sia possibile apportare e quali percorsi didattici possano risultare di supporto (ad esempio per la consapevolezza dei sentimenti propri ed altri, la gestione della rabbia, dell’aggressività, l’apprendimento di modalità comunicative integrative o alternative alla parola e alla scrittura, ecc.). In secondo luogo, gli insegnanti di sezione e di classe devono imparare a gestire la crisi comportamentale quando essa si presenta mettendo in sicurezza sia l’alunno, sia compagni di classe, sia il personale scolastico, impedendo anche la distruzione di attrezzature e beni scolastici.
È stato dimostrato che spesso le situazioni sono modificabili, soprattutto in età evolutiva, che è possibile ridurre l’intensità e la frequenza delle crisi e che a volte esse si possono estinguere. Un comportamento non può essere capito se viene considerato fine a se stesso, la comprensione richiede una messa in relazione con il contesto e con le conseguenze che lo rafforzano, gli antecedenti o eventi ambientali che lo determinano. Queste informazioni si ricavano con l’osservazione sistematica che ha lo scopo di individuare ciò che il bambino fa, quante volte e in quali contesti. Essa rappresenta il punto di partenza per qualsiasi intervento volto a modificare un comportamento e/o ad
anticipare e quindi smorzare possibili atteggiamenti pericolosi.
Per sviluppare un progetto educativo occorre costruire una documentazione precisa della crisi in modo da poter svolgere un’attenta analisi della situazione, al fine di capire da cosa scaturisce, cosa la determina, qual è la sua funzione e, quindi, come ripristinare comportamenti corretti evitando di rafforzare quelli negativi (perché ha agito così? A cosa è servito? Cosa ha ottenuto?).
Una conseguenza gradita dopo un comportamento problema porta al suo mantenimento o ad un aumento della probabilità che venga ripetuta. Una conseguenza sgradita, d’altro canto, porta ad una diminuzione della probabilità che esso venga ripetuto. Per tale motivo è fondamentale capirne la funzione.
Per rendere efficace l’osservazione funzionale occorre fare i seguenti passi, condividendoli con il team / consiglio di classe e di sezione: COMPORTAMENTI PROBLEMA IN CLASSE
Vediamo nello specifico su cosa si basa l’osservazione:
– L’evento antecedente: sono stimoli interni o esterni, o eventi ambientali che precedono e dirigono un determinato comportamento; possono essere regole, aspettative, comunicazioni, pensieri e situazioni. Per avere un controllo a breve termine sul comportamento è possibile eliminare o cambiare gli antecedenti per ridurre la probabilità che un comportamento problematico si manifesti. Gli interventi basati sulla gestione degli antecedenti si rivolgono principalmente all’ambiente, così da rendere più semplice l’attuazione di comportamenti desiderabili.
– Il comportamento, cioè quello che il bambino fa, indica qualcosa di osservabile, modificabile e di cui si può contare la frequenza.
– Le conseguenze: cosa avviene dopo un determinato comportamento, cosa cambia e come reagisce l’ambiente dopo il comportamento problema. Esse rivestono una grande importanza poiché dopo aver valutato la funzione del comportamento possono essere gestite dall’adulto ed assumere un carattere positivo (premi) o un carattere negativo (punizioni), ma numerose sono le varianti a disposizione.
Dal punto di vista psicologico si possono avere rinforzi positivi e negativi. I rinforzi positivi possono essere utilizzati tutte le volte che viene messo in atto un comportamento corretto, in modo da aumentarne la possibilità che venga ripetuto, e sono di differenti tipologie:
– rinforzi tangibili: consistono in premi materiali, ad esempio giochi, dolciumi, figurine, ecc.
– rinforzi sociali: manifestazione di affetto/approvazione quali sorrisi, carezze, elogi, ecc.
– rinforzi simbolici: bollini o gettoni che vengono accumulati e scambiati con premi o concessioni ecc.
– rinforzi dinamici: attività gratificanti o privilegi particolarmente graditi al bambino.
Un altro tipo di conseguenza premiante può essere il rinforzo negativo, cioè l’allontanamento o cessazione della situazione piacevole ed ha come effetto la riduzione o la rimozione di un comportamento negativo, ma premia e rende più frequente quello positivo (es. quando avrai messo in ordine il tuo banco, allora potrai iniziare a disegnare/ ascoltare musica…).
La punizione ha come finalità la riduzione temporanea di un comportamento sgradevole. Con il rinforzo negativo o positivo, quindi, l’esito sarà un aumento della frequenza dei comportamenti che li hanno determinati poiché tramite rinforzi continui ci si avvicina progressivamente al comportamento desiderabile. Si rammenta, in ogni modo, che qualunque intervento dovrà essere accompagnato da costanti attenzione e rispetto verso il bambino/ragazzo, il suo sentire, la sua dimensione spirituali, corporea e relazionale/sociale.
COMPORTAMENTI PROBLEMA IN CLASSE
Alcune strategie di lavoro attuabili in classe.
Gli interventi basati sugli antecedenti.
1. L’organizzazione della classe e delle attività: creare un contesto strutturato e flessibile (qualità degli ambienti di apprendimento). Alcuni accorgimenti possono ridurre i comportamenti problematici e permettere una più facile gestione delle loro manifestazioni. Uno dei primi interventi su cui riflettere è l’organizzazione degli spazi, a partire dalla disposizione dei banchi/arredi. La scelta della posizione più idonea destinata al bambino (e/o al piccolo e grande gruppo di appartenenza) scaturirà da alcune valutazioni:
– dal punto di vista dell’insegnante, avere il bambino nella propria visuale permette di mettere in atto una serie di strategie che mireranno a coinvolgerlo nelle attività scolastiche e parallelamente intervenire tempestivamente in caso di azioni non corrette.
– la possibilità di muoversi tra i banchi/arredi e raggiungere senza difficoltà ogni bambino migliorerà il controllo sulle attività; COMPORTAMENTI PROBLEMA IN CLASSE
– bisognerà valutare quali compagni sono vicini al bambino poiché, ad esempio, i compagni più tranquilli possono favorire un modello positivo di comportamento. In genere le circostanze che rafforzano la manifestazione di difficoltà legate alla capacità di autoregolazione del comportamento sono le situazioni poco strutturate, ad esempio la ricreazione, alle attività in palestra. Più il bambino riuscirà a prevedere e comprendere che cosa l’ambiente si aspetta, maggiori saranno le probabilità che cercherà di soddisfare tali richieste. Ciò avviene poiché il futuro appare ai suoi occhi poco prevedibile, non anticipa che cosa potrà accadere, fa fatica ad organizzare attività future; il suo comportamento sarà invece più controllato se saprà esattamente quello che deve fare.
Perciò l’ordine, la routine risultano essere dei validi alleati nella gestione dello stile impulsivo.
Alcuni esempi di routine sono: presentare le attività della giornata, controllare il materiale didattico necessario, concordare le pause, creare un inventario che includa le routine già esistenti in classe e rendendo esplicite quelle tacite, riconoscere l’impegno del/dei bambino/i anche per le piccole cose.
2. Le regole della classe
Grazie agli strumenti di osservazione, diventa chiaro che il comportamento problematico viene influenzato da una determinata situazione in cui si trova e in cui manifesta la difficoltà di pianificare e regolare il comportamento. In tutti i momenti della vita scolastica in cui non vi siano chiare regole e ruoli si possono presentare situazioni scatenanti che dovranno essere opportunamente analizzate per introdurvi regole e attività strutturate prevedibili.
Offrire un supporto al bambino per gestire il comportamento agendo sugli antecedenti significherà anche definire all’interno della classe poche, semplici e chiare regole che, per essere efficaci, dovranno essere discusse, condivise e approvate da allievi e insegnanti. Inoltre tali regole dovrebbero essere espresse sotto forma di
informazioni e affermazioni, anziché una lista di divieti (“fai…” anziché “non fare…”).
Gli interventi basati sulle conseguenze.
Gli interventi sulle conseguenze riguardano le strategie volte a migliorare il comportamento tramite la risposta dell’insegnante e attraverso le conseguenze derivanti dalle azioni dell’alunno poiché dopo qualsiasi comportamento si verificano degli effetti piacevoli o spiacevoli: quelle positive aumenteranno la frequenza, l’intensità e la permanenza di una manifestazione comportamentale, mentre quelle negative le faranno diminuire.
1. I rinforzi positivi
Con i bambini l’uso delle conseguenze positive, utilizzate strategicamente, in modo immediato, frequente e vario per evitare che diventino un’abitudine, consente di raggiungere un risultato notevole. Individuare le conseguenze che sono davvero rinforzanti è il primo passo per programmare un intervento di questo tipo. Attraverso l’osservazione l’adulto potrà notare quali sono i comportamenti che si verificano con più frequenza e che quindi risultano più rinforzabili.
Non è auspicabile ricorrere troppo frequentemente a rinforzi tangibili, al contrario i rinforzi simbolici (bollini, punti, gettoni, ecc.) sono strategicamente utili perché dopo essere stati accumulati possono essere scambiati con oggetti, attività o situazioni piacevoli precedentemente stabiliti con il bambino.
2. I rinforzi negativi (da non confondere, né attivare, con le punizioni). Le conseguenze negative sono dei buoni regolatori del comportamento e, facendo parte della vita, non possono essere evitate. La mancanza di coerenza nell’utilizzo dei rinforzi negativi può rafforzare il comportamento problema. Non dovrebbero essere, inoltre, la prima o l’unica strategia a cui l’insegnante deve ricorrere, ma essere sempre associate a conseguenze positive perché il principale limite di tale strumento è che fornisce informazioni su ciò che è inadeguato senza fornirne su ciò che è appropriato.
COMPORTAMENTI PROBLEMA IN CLASSE
Tra le conseguenze negative più utilizzate:
– l’ignorare pianificato: ignorare sistematicamente il comportamento indesiderato. Questa conseguenza negativa non è applicabile quando il comportamento è pericoloso o eccessivamente disturbante, tale da richiedere la messa in atto di
strategie alternative.
– I rimproveri: essi dovranno essere centrati sul comportamento, quindi contenere una descrizione dello stesso e del perché è considerato indesiderato, suggerirne uno alternativo esplicitando quali vantaggi ne deriveranno (evitare di chiamare per nome il bambino mentre lo si rimprovera, al fine di evitare di associare il bambino al comportamento negativo).
– Costo della risposta o Token Economy: questa procedura richiede che vengano messi a disposizione del bambino un certo numero di punti, bollini o gettoni all’inizio di tutte le lezioni giornaliere. L’insegnante e il bambino decideranno insieme quali ricompense otterrà in base ai punti conservati o guadagnati grazie ai comportamenti corretti. Al contrario se si verificheranno comportamenti inadeguati, precedentemente stabiliti, l’intervento prevederà una penalità o perdita di bollini. COMPORTAMENTI PROBLEMA IN CLASSE
Alla fine della giornata, in base al conteggio dei bollini in possesso, l’alunno potrà scegliere una ricompensa.
Il numero dei bollini deve essere sufficiente affinché alla fine delle lezioni il bambino ne possieda un numero adeguato e nel caso i punti siano troppo pochi per accedere alla ricompensa avrà la possibilità di decidere se usarli per il giorno successivo.
– Il time-out: dovrebbe essere inteso come un momento di pausa, proprio come avviene in ambito sportivo quando l’allenatore vuole riportare la squadra a concentrarsi, soprattutto nei momenti di difficoltà. È una tecnica di modificazione del comportamento che mira a interrompere comportamenti aggressivi o di collera con una sospensione di attenzione, soddisfazione. Questa strategia consiste nel collocare il bambino in un luogo neutro e tranquillo per allontanarlo dalla situazione in cui si verifica il comportamento indesiderato.
Con il time-out si perseguono due obiettivi:
1. interrompere il prima possibile il comportamento problema;
2. aiutare il bambino a raggiungere la capacità di autodisciplina.
Di solito i bambini non apprezzano il time-out poiché comporta la perdita di qualcosa e provoca un senso di irritazione che scompare alla fine della sospensione. Se si ricorre sistematicamente a questa strategia l’alunno sarà motivato a ridurre le reazioni negative e a individuare modalità di comportamento alternative, ma richiede la presenza di un ambiente adatto per poterlo attuare.
Bisogna innanzitutto scegliere uno o, al massimo, due comportamenti bersaglio sui quali applicare il time–out metodicamente e solo dopo essere riusciti a ridurre il primo comportamento è possibile sceglierne un altro da attenuare.
Affinché la tecnica dia i risultati sperati, il comportamento negativo deve essere individuato immediatamente e il time-out applicato subito al manifestarsi del comportamento negativo. Contemporaneamente il bambino non deve sentirsi, escluso, dispregiato o giudicato, comunque deve percepire la bontà dello sguardo di attenzione su di lui.
Cosa fare e cosa non fare
Qui sotto sono evidenziati alcuni errori che spesso noi adulti commettiamo di
fronte ai comportamenti problema e alcuni suggerimenti per affrontarli.
Cosa NON fare
1) NON limitarsi a definire il problema di comportamento come appare, senza capire qual è la sua funzione.
2) NON chiedere continuamente “Perché fai così?” non è utile perché si tratta di reazioni non consapevoli e l’alunno non è in grado di spiegare le ragioni del suo comportamento.
3) Quando un approccio non funziona, NON intensificarlo COMPORTAMENTI PROBLEMA IN CLASSE
4) NON fissare troppe regole di classe e poi non farle rispettare o farle rispettare in modo fluttuante
5) NON trattare tutti i problemi di comportamento come se dipendessero dalla volontà (NON VUOLE), anziché considerare che molto spesso l’alunno manca delle abilità necessarie per comportarsi diversamente (NON PUÒ). Il comportamento problema è segnale di un disagio collegato ad un bisogno a cui il bambino non trova risposta.
6) NON occuparsi abbastanza di cosa succede nei “momenti di transizione” tra un insegnante e un altro, tra uno spazio e un altro, tra una attività e un’altra, in mensa, negli intervalli, …
7) Ignorare tutto/non ignorare nulla. Una delle strategie per depotenziare un comportamento negativo è quello di ignorarlo, ma ciò è possibile soltanto se si tratta di cose di poco conto. Per contro, intervenire sempre su
tutto ciò che crea una tensione insopportabile e blocca la vita della classe
8) NON eccedere nelle punizioni. L’eccesso di punizioni (che non può comunque superare determinati limiti) determina una escalation dalla quale la scuola non può che uscire sconfitta (perché anche sospendere un alunno è una sconfitta)
9) NON smettere di sperare nell’alunno e farlo sentire abbandonato al proprio comportamento
10) Evitare di identificare la persona con il suo comportamento. Il comportamento può essere sbagliato ma la persona non lo è mai
11) NON colpevolizzare la famiglia; demandare alla famiglia le eventuali punizioni
12) NON interpretare i comportamenti negativi degli alunni come offesa personale; tra insegnante ed allievo il rapporto non è mai paritario: l’adulto guida e orienta con pazienza, competenza e saggezza
13) NON coinvolgere i compagni nella gestione del comportamento esplosivo
Cosa fare
1) Cercare di capire qual è la funzione del problema di comportamento (o quali sono le funzioni); la domanda guida è: Cosa “guadagna” questo alunno da questo comportamento?
2) Effettuare una analisi funzionale del comportamento
3) Quando un approccio non funziona, cambiarlo COMPORTAMENTI PROBLEMA IN CLASSE
4) Fissare poche regole chiare e discusse con la classe, accertarsi che tutti (adulti e ragazzi) le abbiano comprese, poi applicarle in modo costante e con coerenza
5) Identificare i problemi che dipendono da incapacità/impossibilità dell’allievo (tutti i NON PUÒ) al fine di avviare percorsi di apprendimento o individuare modalità di sostituzione
6) Curare le transizioni perché è nei momenti di passaggio, in cui c’è meno strutturazione e meno vigilanza, che più facilmente si creano situazioni di tensione
7) Individuare quali sono i comportamenti da affrontare assolutamente (i più gravi, i più pericolosi, i più destabilizzanti, quelli che generano altri problemi a grappolo, …) e agire su questi uno alla volta. Ignorare le piccole cose negative (non
inserendole ovviamente nelle regole della classe) e valorizzare le cose positive, anche se piccole, per mantenere alta l’attenzione, la motivazione e dare segnale al bambino di dargli lì attenzione necessaria.
8) Attivare percorsi di supporto ai comportamenti positivi, che consenta di individuare ogni più piccolo (anche casuale)
comportamento positivo, sottolineandolo e premiandolo. Usare le punizioni soltanto con estrema cautela ed in estrema ratio.
9) Vale quanto detto al punto precedente; il comportamento può sempre cambiare e quasi mai senza l’orientamento positivo degli adulti educanti.
10) Trovare vie positive per far sentire accolto e stimato l’alunno problematico, individuare i punti di forza, le capacità, i talenti, le potenzialità
11) Costruire una franca alleanza con la famiglia
12) Prendere le adeguate distanze dalle situazioni in modo da poter essere in grado di controllarsi e di agire secondo quanto programmato e adeguato in risposta al bisogno di ben-essere del minore
13) Il contenimento della crisi comportamentale compete solo agli adulti
Il contenimento come metodo da non prediligere e come fare
Durante una crisi comportamentale di tipo esplosivo si possono verificare situazioni di pericolo per l’alunno stesso (rischia di farsi male e di subire le conseguenze psicofisiche dovute ad un eccesso di stress), per gli altri alunni (per il rischio aggressioni, per un vissuto di minaccia e di paura), per gli insegnanti (sia dal punto di vista fisico che emotivo). È quindi necessario che l’alunno non faccia male a sé stesso, agli altri e non distrugga arredi scolastici.
L’adulto deve cercare di rimanere calmo, evitando di perdere la pazienza e qualsiasi forma di reattività, così che il bambino non percepisca stati di tensione. L’insegnante può scegliere se far uscire dall’aula i compagni, o portare fuori l’alunno così da preservare la loro sicurezza e garantire un ambiente più disteso e la privacy necessaria per non ledere la dignità del bambino. COMPORTAMENTI PROBLEMA IN CLASSE
Se si decide di far allontanare i compagni essi devono sapere dove andare, come andarci e chi avvertire. In ogni caso, un alunno non può mai, per nessuna ragione, essere lasciato solo in un momento di crisi, in qualsiasi ambiente si trovi e l’allontanamento dal gruppo non può essere utilizzato quale unico metodo per interrompere la crisi e/o gestirla.
L’ambiente prescelto dovrebbe avere delle caratteristiche tali da poter effettivamente aiutare il rilassamento e la progressiva ripresa di contatto con la realtà; deve quindi essere accogliente, magari con l’angolo morbido, e fornire la possibilità di ascoltare musica o svolgere attività che all’alunno piacciano.
Durante la crisi occorre mantenere il contatto verbale con il ragazzo, senza parlare né troppo né poco, rassicurandolo e confermandogli che non deve avere paura. Nel caso di alunni non verbali, il linguaggio corporeo diventa fondamentale insieme al sapere cosa può aiutarli a rilassarsi o a distogliere l’attenzione. L’atteggiamento di chi gestisce un ragazzo in crisi deve essere quello di chi aiuta e sostiene la persona, mai di colui che si vendica o punisce: occorre sempre ricordare che una crisi comportamentale deriva da una sofferenza profonda che il ragazzo non riesce ad esternare in altro modo.
Il contenimento fisico, cioè fermare l’alunno, è l’ultima strategia da mettere in atto, dopo che qualunque altra modalità/approccio non abbia funzionato e solo quando si presentano rischi per la sicurezza e per l’incolumità degli altri (esempio mentre trascina un compagno). Quando il ragazzo si sarà calmato, si potrà procedere con il “debriefing”, cioè analizzare ciò che è successo cercando di elaborare insieme l’accaduto.
Allegato 1 Esempio di scheda di osservazione.jpeg (285 download )COMPORTAMENTI PROBLEMA IN CLASSE
Fonte: Inclusione vademecum gestione dei comportamenti problema – Dirigente Scolastico Prof.ssa Maria Parisina Giuliano, Psicologa dell’istituto Comprensivo di Esperia Dott.ssa Valentina Rea, Funzione strumentale area inclusione Prof.ssa Concetta Patriarca.
RISORSE CONSIGLIATE PER TE: CHE COSA È L’ADHD E QUALI LE SUE CARATTERISTICHE.
Se hai voglia di confrontarti con me contattami pure sulla mia pagina Facebook: DIDATTICA PERSUASIVA.