Thomas Gordon fu allievo di Carl Rogers, fu uno dei padri fondatori della Psicologia Umanistica, corrente Psicologica in cui si evidenzia l’importanza delle risorse e delle potenzialità insite in ogni Individuo. GENITORI SECONDO T. GORDON
Negli anni ’60 decise di popolarizzare l’opera di C.Rogers, a partire dalla riformulazione dei concetti accademici in un testo facilmente leggibile dalle persone. Il suo Editore vi appose la dicitura “FUNZIONA!”: era “GENITORI EFFICACI”, cui seguì “INSEGNANTI EFFICACI“ e “RELAZIONI EFFICACI“. Fu un successo mondiale, ad oggi il suo Metodo è diffuso in tutto il Mondo dal Gordon Training International
In questo articolo si sintetizzano i 12 Effetti delle dodici risposte tipiche genitoriali che ha descritto nel suo testo dedicato ai genitori efficaci.
GENITORI SECONDO T. GORDON
1) Dare ordini, dirigere, comandare (Smettila di…)
Questi messaggi comunicano al figlio che i suoi sentimenti o bisogni non sono importanti; egli deve conformarsi ai sentimenti e bisogni dei genitori. Lo inducono a non sentirsi accettato, a temere il potere del genitore, possono provocare sentimenti di risentimento o rabbia che spesso lo inducono a reagire ostilmente, a incollerirsi, a ritorcersi, a resistere e a mettere alla prova la reale volontà del genitore.
2) Avvertire, ammonire, minacciare (se lo fai…te ne pentirai)
Questi messaggi possono rendere un figlio timoroso e remissivo. Possono suscitare risentimento e ostilità come quando si danno ordini, si dirige, si comanda.
Possono indurlo a credere che il genitore non abbia rispetto dei suoi bisogni e desideri. Inoltre a volte i figli sono tentati di verificare per vedere se la minaccia verrà eseguita e quindi di fare la tal cosa solo per vedere se le conseguenze si verificano.
GENITORI SECONDO T. GORDON
3) Esortare, moraleggiare, fare la predica (Dovresti…è bene che tu…)
Questi messaggi fanno pesare sul figlio il potere esterno dell’autorità, del dovere, degli obblighi; indurlo a credere che il genitore non si fidi del suo giudizio e che è meglio che accettino ciò che gli altri considerano giusto; possono fargli nascere sensi di colpa o la sensazione di essere cattivo o indurlo a credere che il genitore non si fidi della sua abilità di giudicare la validità dei valori e progetti altrui.
4) Consigliare, offrire suggerimenti e soluzioni
Questi messaggi sono spesso interpretati dal figlio come prova del fatto che non ci si fida della sua capacità di giudizio o di trovare soluzioni proprie, possono indurlo a diventare dipendente dal genitore e a smettere di pensare da sè.
I consigli a volte comunicano un atteggiamento di superiorità dei genitori nei confronti dei figli, che di conseguenza possono anche maturare un senso di inferiorità. (Perchè non ci ho pensato io? voi sapete sempre tutto!) Inoltre i consigli possono indurli a pensare che i genitori non li capiscano affatto e a contrastare continuamente le idee dei genitori e non sviluppare le proprie.
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5) Insegnare, argomentare, persuadere
Quando si cerca di insegnare qualcosa, i figli avvertono spesso la sensazione che lo si faccia apparire inferiore, subordinato, inadeguato; l’argomentare e l’informare inducono spesso i figli a mettersi sulla difensiva e a risentirsi (Credi che non lo sappia?).
E raro che i ragazzi, come gli adulti, amino sentirsi dimostrare di aver sbagliato, di conseguenza difendono accanitamente le proprie posizioni.
GENITORI SECONDO T. GORDON
6) Giudicare, criticare, opporsi, biasimare
Questi messaggi, forse più di tutti gli altri, fanno sentire i figli inadeguati, inferiori, stupidi, indegni, cattivi. L’idea che il figlio si fa di sè si forma attraverso i giudizi e le valutazioni genitoriali.
Il figlio giudicherà se stesso nello stesso modo in cui lo giudica il genitore (Mi ero sentito dire così spesso che ero cattivo, che cominciai a pensare di esserlo davvero!). Inoltre i giudizi inducono i figli a tenere per sè i propri sentimenti o a nasconderli ai genitori.
7) Elogiare, assecondare
Contrariamente all’opinione diffusa che l’elogio sia sempre benefico per i figli, spesso invece ha effetti assai negativi. Se il figlio riceve una valutazione positiva che non coincide con la propria idea di sè, può diventare ostile (Non ho giocato affatto bene, ho fatto schifo!).
I figli deducono che se un genitore li giudica positivamente, può anche giudicarli negativamente in altri momenti. Inoltre l’assenza di elogi in una famiglia che li adopera spesso, può essere considerata una critica.
L’elogio è anche spesso considerato un tentativo di manipolazione, un modo sottile per influenzarli. I figli pensano che un genitore non li capisca, quando li elogia (non lo diresti, se sapessi come mi sento). Si sentono spesso in imbarazzo quando vengono elogiati, specie se in presenza di amici; infine, potrebbero finire col diventare dipendenti dall’elogio.
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8) Etichettare, ridicolizzare, umiliare
Questi messaggi possono avere effetti devastanti sull’immagine di sè del figlio. Possono far sentire il figlio indegno, cattivo, non amato. La risposta più frequente dei figli è di restituire ai genitori gli stessi messaggi.
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9) Interpretare, analizzare, diagnosticare (So io perché)
Questi messaggi comunicano al figlio che il genitore lo ha capito, conosce le sue motivazioni o le ragioni del suo modo di essere. Questo modo di psicoanalizzare è per i figli frustrante e intimidatorio.
Se l’analisi del genitore è accurata, il figlio si sente in imbarazzo perché smascherato e se è errata il figlio si arrabbia per essere stato ingiustamente accusato. I figli avvertono sempre un atteggiamento di superiorità dei genitori (Tu credi di sapere tutto), e a maggior ragione i genitori che analizzano spesso i figli comunicano loro di sentirsi superiori, più saggi, più intelligenti.
Messaggi come So io perché interrompono bruscamente il desiderio di comunicare del figlio e gli insegnano che è meglio astenersi dal condividere i problemi con i propri genitori.
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10) Rassicurare, simpatizzare, consolare, sostenere (non arrabbiarti, tutto si risolverà…)
Anche questi messaggi non sono utili. Rassicurare un figlio quando si sente disturbato da qualcosa, può semplicemente convincerlo che i genitori non lo capiscano. I genitori rassicurano e consolano perché si sentono a disagio quando il figlio è ferito, arrabbiato, scoraggiato e via dicendo.
Questi messaggi comunicano al figlio che il genitore desidera che egli smetta di sentirsi in un determinato modo, inoltre essi vivono le rassicurazioni come tentativi per cambiarli e finiscono col perdere fiducia nei genitori.
Quindi, minimizzando o compatendo si arrestala comunicazione perché il figlio sente che i genitori vogliono che egli smetta di provare ciò che prova.
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11) Inquisire, fare domande, interrogare
Facendo domande si può indurre i figli a credere che non si abbia fiducia in lui, o che si nutrano su di lui sospetti o dubbi. I figli si accorgono anche che le domande sono tentativi di farli uscire allo scoperto per poi aggredirli. Spesso si sentono minacciati dalle domande se non ne capiscono la ragione.
Se si interroga un figlio quando lui ci mette a parte di un problema, potrebbe sospettare che si vogliano raccogliere informazioni per risolvere il problema al posto suo, invece di lasciargli trovare la sua soluzione. Interrogare non è affatto un buon metodo per facilitare la comunicazione di un’altra persona, anzi si limita duramente la sua libertà.
GENITORI SECONDO T. GORDON
12) Sottrarsi, cambiare argomento, scherzare, distrarre
Questi messaggi comunicano al figlio che non si è interessati a lui, che non si rispettano i suoi sentimenti o addirittura che lo si rifiuta. I figli in genere sono molto seri e decisi quando hanno bisogno di parlare di qualcosa e quando si risponde loro scherzando, possono sentirsi feriti o respinti. I figli, come gli adulti, vogliono essere ascoltati e capiti con rispetto.
Se i genitori li ignorano, essi imparano a esprimere altrove i propri sentimenti e problemi importanti.
(tratto da “Genitori efficaci” di Thomas Gordon)
GENITORI SECONDO T. GORDON
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