DIDATTICA
Un concetto importante, che deriva dalla psicologia e che può aggiungere profondità alla nostra didattica, è l’idea del contatto fisico.
All’inizio della mia carriera universitaria come studente, il mio professore di Psicologia dell’educazione durante la sua lezione, aveva accennato all’idea del contatto fisico come elemento determinante nell’apprendimento, è inutile dirvi che la cosa mi incuriosì parecchio e che passai molte ore nel suo studio in quel semestre a fargli domande a riguardo.
Mi parlò delle ricerche di Eric Berne, ideatore dell’analisi transazionale, e di come avesse osservato la necessità nelle persone del bisogno di attenzione degli altri e come queste persone cercassero di ottenerla, negativa o positiva che essa fosse.
Secondo Berne, un contatto fisico esprime un “riconoscimento“, e viene percepito come segno di “attenzione” e “amore” che una persona rivolge a un’altra.
Per contatto fisico qui intendiamo carezze, abbracci e semplici gesti amorevoli di attenzione, come una mano di incoraggiamento su di una spalla mentre si passa tra i banchi e dunque si svolge normale attività didattica.
Del resto sappiamo per certo per ragioni dimostrate dalla scienza dal “Disconnected Kids: The Groundbreaking Brain Balance Program for ChildrenI” che bambini che giocano poco o che sono toccati raramente sviluppano un cervello del 20/30 % più piccolo del normal.
Una triste evidenza è stata illustrata diversi anni fa in alcuni orfanotrofi della Romania.
Sebbene il cervello sia in grado di produrre una certa quantità di stimoli da se stesso dipnede in gran parte dagli stimoli esterni per la crescita neurale.
Tale forma di contatto può essere positivo, caloroso o negativo, freddo e pungente. Al cuore di questo concetto sta l’idea che le persone sono affamate di considerazione e che, in mancanza di contatti positivi, cercheranno di ottenere qualsiasi tipo di attenzione possibile, anche negativa.
I bambini che ricevono raramente un contatto fisico positivo in famiglia, potrebbero cercarlo ossessivamente a scuola, fino a procurarselo nel modo sbagliato.
Il bisogno intrinseco di attenzione ci accompagna fino alla vita adulta. Pensaci un attimo, cosa è meglio: essere rimproverati o essere ignorati?
Io stesso utilizzo tale principio, quando di proposito voglio fare un torto a qualcuno, semplicemente lo ignoro, e credetemi sulla parola, la cosa reca molto fastidio.
E’ in quell’istante sovente alla mente mi tornano le parole di Re Carlo II in uno dei miei film preferiti The Libertine, che rivolgendosi a Rochester dice: “Avevo pensato di mettervi nella Torre. Avevo anche considerato di mettere la vostra testa su una lancia. Ma in seguito ho deciso di fare di peggio, ovvero di ignorarvi“.
Dunque Re Carlo lo aveva capito benissimo, avrebbe fatto molto più male al suo interlocutore se lo avesse ignorato piuttosto che fargli poggiare la testa su di una picca appuntita.
E di fatti ignorare qualcuno spesso è associato a non amarlo, ma ahimè non tutto ciò che si ignora non si ama.
Tornando a noi, conoscere questo tipo di bisogno in aula può diventare uno strumento molto potente a vostro favore, che si può utilizzare per creare una cornice di gestione della ricompensa positiva.
In particolare, questo tipo di strategia utilizzata nella didattica va oltre i “fondamenti” di una ricompensa immediata, poichè rientra nel processo di creazione di una relazione positiva con gli studenti che lavora nel profondo, attraverso una motivazione intrinseca mossa da una assimilazione volontaria e ragionata delle regole e dalle aspettative condivise.
Dunque il contatto fisico viene percepito come una ricompensa ed è anche molto ambita, dunque sappiatelo dosarlo e elargirlo solo al momento giusto e sempre al momento contingente di un evento che ritieni positivo e che vorresti si ripetesse.
Se utilizzerai il contatto fisico in modo opportuno, ti accorgerai che stai portando l’apprendimento della tua classe a un livello superiore a quello della semplice dinamica “stimolo-risposta”, e che cio’ che ottieni e’ molto di più’ di una pura e semplice adesione a quanto insegni.
Ti lascio con le bellissime parole di Erri De Luca:
“Un bambino che cresce senza una carezza indurisce la pelle, non sente niente, neanche le mazzate”.
SCARICA L’INTERO ARTICOLO IN PDF SUL TUO PC DA QUI: COME-PORTARE-LA-TUA-DIDATTICA-A-UN-LIVELLO-SUPERIORE.pdf (2161 download )
RISORSE CONSIGLIATE PER TE: CHE COSA È LA DIDATTICA PER COMPETENZE.
Se hai voglia di confrontarti con me contattami pure sulla mia pagina Facebook: DIDATTICA PERSUASIVA.
Buon lavoro!
bellissimo articolo ogni insegnante dovrebbe essere cosi per poter rendere l’istruzione ATTIVA. Un plauso al collega Leonardo Povia.
Assolutamente vero! A volte basta una mano sulla spalla di un alunno in panne durante una verifica, per dargli nuova fiducia nelle sue capacitá…..
Condivido in pieno sia il postulato di Berne che la teoria di De Luca circa la positività del contatto fisico nella relazione educativa. A ben guardare, inoltre, tale ‘pratica’ o, meglio, atteggiamento affettivo del docente non solo predispone meglio il discente all’apprendimento partecipativo ma si caratterizza anche come uno dei pochi antidoti contro la dilagante (seppur fondata) tendenza alla digitalizzazione e dematerializzazione che caratterizzano il profilo della scuola di oggi,
Tuttavia mi e vi pongo due quesiti che, seppur apparentemente banali, mi assillano :
1) Come coniugare l’ opportunità di incoraggiare e gratificare il discente con atteggiamenti affettivi fino al contatto fisico di cui in parola con la necessità di scongiurare in capo al docente sospetti (sempre possibili al giorno d’oggi !) di pedofilia ( la madre degli ottusi è sempre incinta !);
2)Come evitare che il discente che vive il disagio di un rapporto di deprivazione affettiva da parte dei genitori possa sovrapporrre il ruolo affettivo dell’insegnante a quello familiare.
Ringrazio leonardo Povia per avere attenzionato questa problematica e sono grata anticipatamente a quanti fra i colleghi vogliano illuminarmi sui due quesiti.
Grazie, Daniela Baglieri
Insegnante efficace! Mi piace!
Grazie Rosalba un abbraccio.
Ottimo articolo ,anche io avrei voluto avere da adolescente un certo grado di contatto fisico coni professori o insegnanti per lo sviluppo di un sistema nervoso pacato non aggressivo ,ma dandogli delle belle mazzate in testa cosi da placare l’animo
Concordo su tutto, metterei solo l’attenzione sul fatto che è vero che il contatto fisico da parte degli insegnanti e dei genitori ti fa sentire amato e considerato ma non sempre è sufficiente se carezze e abbracci sono dispensati senza autentico sentire emotivo e allo stesso modo un affetto dimostrato con dialoghi e vera attenzione ai bisogni dell’altro e privo forse di contatto fisico … può dare maggiormente la misura di quanto siamo nell’attenzione dell’altro più di carezze date per abitudine…Bisogna sempre vedere caso per caso ….anche se in linea generale il contatto fisico è di solito il corollario di una relazione che funziona in maniera sana..
E’ con le lacrime agli occhi che ti sto scrivendo….perchè è da pochi giorni che ho lasciato i miei alunni di quinta…mi resterà per sempre nel cuore la richiesta di un gruppo di alunni che si sono avvicinate a noi maestre, l’ultimo giorno di scuola, e ci hanno chiesto di abracciarli, è stato l’ultimo abbraccio collettivo,perchè poi si sono aggiunti tutti gli altri…E’ stato meraviglioso!…Spesso nei momenti di pausa lo facevamo…per ricaricarci di energia…usavamo dire…..io personalmente uso molto il contatto fisico (la carezza, l’abbraccio,il massaggiare la testa durante la spiegazione, una mano di incoraggiamento sulla spalla ma a volte anche come rimprovero)…una relazione positiva di affetto e fiducia reciproca…..ciao Leonardo!
Ciao Rosanna è meraviglioso quello che hai scritto non potrei aggiungere altro se non che con le tue parole sei riuscita ad emozionare anche me. Un saluto affettuoso.