La disprassia è classificata dal DSM-IV (Diagnostic and Statical Manual of Mental Disorders) come disturbo evolutivo della coordinazione motoria (DCD).
Tre sono i criteri indicati per la diagnosi della disprassia:
1. presenza di una marcata difficoltà o di un ritardo nello sviluppo della coordinazione motoria.
2. difficoltà di coordinazione non dovute a condizioni patologiche mediche (quali ad esempio, paralisi cerebrali infantili, distrofia muscolare); se il ritardo di sviluppo cognitivo è presente, le difficoltà motorie devono essere preponderanti rispetto ad altre associate.
3. queste difficoltà interferiscono con e con le attività della vita quotidiana:
– La disprassia può manifestarsi tramite un ritardo nel raggiungimento delle tappe di sviluppo motorio, goffaggine nei movimenti, scarse capacità sportive o disgrafia.
– Perché si possa porre la diagnosi, occorre che queste prestazioni inadeguate interferiscano in maniera significativa con i risultati scolastici o le attività della vita quotidiana.
– Difficoltà nello svolgere attività della vita quotidiana come: vestirsi o svestirsi, allacciarsi e slacciarsi le scarpe, l’usare gesti comunicati per comunicare particolari stati d’animo.
– Inoltre, veri e propri deficit durante le attività scolastiche: difficoltà di scrittura, disgrafia o di lettura (spesso per lentezza e difficoltà di decodifica a causa di deficit della coordinazione dei movimenti di sguardo).
– I soggetti colpiti da questi disturbi non riescono a compiere movimenti intenzionali in serie o in pensare a pianificare i movimenti che hanno difficoltà ad automatizzare. La disprassia è un disturbo dell’esecuzione di un’azione intenzionale.
– Le difficoltà gestuali sono spesso correlate a difficoltà nel separare ed utilizzare adeguatamente le dita delle mani. E’ presente nella maggioranza dei casi ipotonia degli arti superiori, che risulta particolarmente marcata a questo livello, rispetto all’ipotonia generalizzata e degli arti inferiori.
– Prima di tutto, la disprassia è quindi un disturbo della coordinazione motoria. Sono quindi le difficoltà che il bambino incontra nelle attività che richiedono coordinazione motoria, e non il quoziente intellettivo, a permettere di porre tale diagnosi.
– Il bambino disprassico anche quando ha imparato ad eseguire determinate azioni, necessita di tempi più lunghi e manifesta lentezza esecutiva, sia in attività della vita quotidiana, che nelle attività scolastiche.
– Va ricordato che nei casi di il livello cognitivo è nella norma e spesso il carico di frustrazione è tale da portare questi soggetti verso disturbi comportamentali o della condotta. Importante quindi un tempestivo riconoscimento del problema per attivare un intervento.
VARI TIPI DI DISPRASSIA.
Si può riscontrare nella clinica:
Disprassia primaria o pura (non associata ad altra patologia e che non presenta segni neurologici evidenti).
Disprassia secondaria (associata ad altra patologie e sindromi: PCI (paralisi cerebrale infantile), Sindrome di Williams, Sindrome di Down, Disturbi pervasivi dello Sviluppo, ADD, ADHD, ossociazione con o senza Iperattività).
Spesso può capitare che nello stesso bambino si riscontrino uno o più tipi di disprassia, di cui una tipologia è preminente, rispetto ad altri segnali più sfumati della disprassia.
Le principali tipologie di deficit dell’organizzazione prassica sono le seguenti:
1. Disprassia ideativa. Difficoltà a pianificare una sequenza di movimenti coordinati: ad esempio leazioni possono essere compiute correttamente, ma nell’ordine sbagliato.
2. Disprassia ideomotoria. Il soggetto sa cosa fare, ma non riesce a passare dal piano ideativo a quello motorio esecutivo.
3. Disprassia costruttiva e grafo-motoria. Comporta difficoltà nella pianificazione di compiti costruttivi (ad esempio giochi di costruzione, bricolage), grafo-motori (disegno, scrittura) e nelle attività che richiedono abilità visuo-spaziali (giochi di squadra).
4. Disgrafia. Disturbo specifico della scrittura manuale (grave irregolarità dei caratteri e/o estrema lentezza esecutiva).
5. Disprassia orale. Interessa le labbra, la lingua, il velo pendulo. I lattanti non riescono a succhiare e presentano problemi di alimentazione o il bambino, ad esempio, non riesce a soffiare e a spegnere. La fonazione e l’articolazione del linguaggio sono spesso compromesse.
6. Disprassia dello sguardo. I bambini non fissano stabilmente lo sguardo sull’oggetto, non guarda negli occhi gli interlocutori e spesso ha uno sguardo apparentemente assente. Di frequente determina difficoltà nell’acquaisizione della letto scrittura.
COMORBIDITA’.
I disordini della coordinazione motoria sono spesso frequentemente associati ad altri problemi dello sviluppa, come la dislessia, i disturbi dell’attenzione, l’autismo e la disfagia.
In base al tipo di azione che il bambino ha difficoltà ha compiere automaticamente possiamo distinguere una disprassia:
Verbale: si riferisce alla ridotta capacità di elaborare frasi, di mettere in ordine corretto le parole, di esprimere un concetto in maniera chiara e corretta in relazione all’età evolutiva e generale, di elaborare movimenti coinvolti nell’elaborazione dei suoni.
Motoria: coinvolge le azioni legate al movimento, come per esempio camminare, scrivere, vestirsi, allacciarsi le scarpe ed altre azioni quotidiane automatizzati.
Oculare: chiamata anche oculomotoria, è legata ad una minore capacità di controllare i righe del quaderno muovendo solo gli occhi, per compiere questa azione il bambino (con disprassia) deve muovere tutta la testa.
La suddivisione clinica riprende le tipologie sopra elencate, ma entra più nello specifico e distingue una disprassia:
Melocinetica: riguarda una ridotta capacità di eseguire movimenti in rapida successione, come per esempio camminare, saltare, correre. Ideativa dopo averla pensata a metterla in pratica.
Espressiva: il soggetto ha una ridotta capacità di esprimere le emozioni mediante la mimica facciale. Non riesce quindi a correlare lo stato emozionale, per esempio paura, rabbia, tristezza, felicità, ai corretti movimenti facciali che servono ad esprimere l’emozione.
Deambulatoria: il soggetto non riesce ad adattare il proprio modo di camminare in base a ciò che viene richiesto. per esempio, si presenteranno difficoltà nell’alternare camminate e passo veloce, camminate in punta di piedi o camminata sui talloni.
Costruttiva: la difficoltà è nell’organizzazione spaziale del movimento, perchè il soggetto non riesce a percepire lo spazio, sia bidimensionale che tridimensionale, in maniera adeguata.
Dell’abbigliamento: il soggetto ha difficoltà a rapportare i vari capi di vestiario alle varie parti del corpo e porta quindi ad una ridotta capacità di vestirsi, allacciarsi le scarpe e tutte le azioni correlate con l’abbigliamento. Un esempio è l’incapacità di mettere in ordine gli indumenti per vestirsi (il bambino potrebbe indossare i pantaloni e poi cercare di indossare la biancheria intima).
COSA OCCORRE RICORDARE.
La disprassia è in primo luogo un disturbo della coordinazione motoria.
Iteressa almeno il 3 – 6% dei bambini in età evolutiva (compresa tra 5 e 11 anni) e si verifica maggiormente nei maschi rispetto alle femmine.
Conoscere il funzionamento del cervello normale permette di evitare le situazioni di sovraccarico cognitivo.
La disprassia è talvolta difficile da diagnosticare poiché i sintomi si possono sovrapporre con quelli di altre patologie.
Tra le varie ipotesi, si pensa che la disprassia possa avere cause:
– ereditarie (la disprassia si manifesta in figli di genitori che hanno sofferto di disprassia)
– congenite (mutazione del gene FOXP2, gene coinvolto nello sviluppo verbale)
– legate alla gravidanza
– legate al parto.
Approfondimento: qui
Bibliografia.
-Caroline Huron “Il bambino Disprassico” Erikson.
-Manuale AIDEE
-www.medicina360.com
-www.aidee.it
Spero questo articolo possa esserti stato d’aiuto.
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