Il programma TEACCH, acronimo di Treatment and Education of Autistic and Communication Handicaped Children, non è un metodo di intervento, come generalmente si intende, ma un programma innanzi tutto politico. CHE COSA È IL METODO T.E.A.C.C.H.
Con il termine “Programma TEACCH” si intende indicare l’organizzazione dei servizi per persone autistiche realizzato nella Carolina del Nord, che prevede una presa in carico globale in senso sia “orizzontale” che “verticale”, cioè in ogni momento della giornata, in ogni periodo dell’anno e della vita e per tutto l’arco dell’esistenza, insomma un intervento “pervasivo” per un disturbo pervasivo.
Il programma ha come fine lo sviluppo del miglior grado possibile di autonomia nella vita personale, sociale e lavorativa, attraverso strategie educative che potenzino le capacità della persona autistica. CHE COSA È IL METODO T.E.A.C.C.H.
I presupposti su cui il TEACCH si basa per stabilire i criteri di intervento, erano, almeno agli inizi degli anni ‘60, del tutto innovativi: veniva smentita una qualunque responsabilità della famiglia nella genesi dell’Autismo, non solo i genitori sono considerati la fonte più attendibile di informazioni sul proprio bambino, ma vengono anche coinvolti nel programma di trattamento con il ruolo di partner dei professionisti.
I principi di base del TEACCH sono del tutto innovativi rispetto alla concezione psicogenetica del disturbo autistico, e comportano di conseguenza caratteristiche di approccio altrettanto innovative.
Se non si crede più ad una responsabilità della famiglia nella genesi del disturbo, una collaborazione attiva nell’intervento da parte dei familiari ne sarà la logica conseguenza, per consentire la generalizzazione delle competenze acquisite e per garantire una coerenza di approccio in ogni attività di vita della persona autistica; il coinvolgimento dei familiari in qualità di partners incide, secondo gli ultimi studi, per il 50% sulle possibilità di successo del programma.
Inoltre l’estrema variabilità delle manifestazioni e dei livelli di sviluppo nell’ambito della sindrome autistica rendono indispensabile la testimonianza dei genitori per una corretta valutazione delle capacità del soggetto, delle sue potenzialità e del suo livello di sviluppo.
Se l’autismo non viene più considerato una malattia mentale, ma un handicap della comunicazione, della socializzazione e della immaginazione, il bambino autistico non potrà più essere visto come un soggetto normodotato o superdotato che rifiuta di collaborare, ma come una persona svantaggiata, disorientata in un mondo incomprensibile, frustrata dagli insuccessi: come tale dovrà essere aiutata a sviluppare le sue capacità sfruttando i suoi punti di forza, le sue predisposizioni e le sue potenzialità.
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Sarà quindi molto importante che durante l’apprendimento il bambino possa essere gratificato da frequenti successi: una volta valutate le sue capacità, i compiti proposti saranno quindi scelti non fra le attività in cui fallisce, ma fra le abilità “emergenti”, cioè fra le prestazioni che il bambino riesce a portare a termine con l’aiuto dell’adulto.
La variabilità estrema della sintomatologia e del livello di sviluppo nell’ambito della sindrome autistica richiedono una elaborazione strettamente individuale del programma educativo, con continue e frequenti rivalutazioni e aggiustamenti: se il bambino dispone di un buon programma, apprende in un tempo ragionevole; se l’apprendimento non avviene a breve termine, è il programma che non funziona e che deve essere rivisto.
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Per formulare un buon programma educativo sono necessarie:
1. una diagnosi corretta: si basa sulla osservazione clinica guidata da test diagnostici specifici non meno che sulle informazioni fornite dai genitori, che hanno del proprio figlio una conoscenza insostituibile.
2. la valutazione del livello di sviluppo, attraverso un test appropriato (PEPR e APEP, profilo psico-educativo) che registra le capacità nelle differenti aree, come imitazione, motricità fine e globale, coordinazione oculomanuale, capacità cognitive, comunicazione, percezione.
Il profilo di sviluppo ottenuto sarà il punto di partenza per costruire il programma educativo, cioè per determinare i tipi di attività da proporre attraverso l’individuazione delle “emergenze”.
Le aree in cui si riscontra il maggior numero di emergenze sono da preferire nella scelta dei compiti da proporre.
3. un programma educativo individualizzato, che tenga conto non solo di questi elementi, ma anche delle priorità della famiglia e dell’ambiente di lavoro, in modo da affrontare innanzi tutto ciò che appare più urgente, e delle predisposizioni del bambino, in modo da aumentare la motivazione e rendere l’apprendimento più gradevole possibile.
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